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Un pomeriggio a Vicenza.

Sabato 25 maggio ho presentato “Il sarto di Picasso” a Vicenza, nella prestigiosa sede di Palazzo Leoni Montanari.

Non ci ero mai stato e non sapevo cosa mi ero perso. Un altro di quei luoghi straordinari che diamo per scontati. Come se la loro esistenza – in Italia – fosse un fatto normale. Aria di città, da respirare distrattamente, facendo dell’altro.
E invece questa è aria buona, di mare o di montagna. Aria da riempirsi i polmoni.

Palazzo Leoni Montanari è una dimora seicentesca che ha conosciuto momenti di grande splendore e che oggi – grazie all’intervento di Banca Intesa – è diventata un importante museo, con un impianto architettonico e decorativo di sapore teatrale, un ricca collezione di quadri del Longhi e della sua scuola, ma soprattutto una strepitosa collezione di icone russe.

E’ stata una giornata speciale anche perché ho ritrovato un caro amico, Stefano Ferrio, scrittore vicentino che ha letto (benissimo) alcuni brani del libro.

I due ingredienti fondamentali della storia di Michele Sapone e Pablo Picasso erano lì, in mezzo a noi: amicizia e arte.
L’arte dell’amicizia: attimi da indossare come abiti su misura.

La Sala Apollo, dove abbiamo presentato “Il sarto di Picasso”.

Un’occhiata alla collezione di icone russe.

Video su Mentelocale.it

“Il sarto di Picasso” in video su Mentelocale.it.

 

Rizzoli, Milano

Domani pomeriggio (giovedì 9 maggio), alle 18.30 presso la libreria Rizzoli di Milano in Galleria Vittorio Emanuele, parleremo di don Michele (il famoso sarto italiano) e don Pablo (il suo celebre amico artista spagnolo).

Con me ci saranno Laura Guglielmi, direttore di Mentelocale.it e Davide Rampello, responsabile dei contenuti culturali di Expo 2015.

Presenteremo “Il sarto di Picasso”, ma anche tanti documenti inediti.

Venticinque anni fa.

Ieri siamo andati in scena con “Il sarto di Picasso” nella biblioteca di Cesate.
E’ stata una serata speciale, che Anna e Adalberto hanno reso possibile.

Mescolate sul palco e in platea c’erano molte persone importanti. Andate e tornate, oppure mai andate via.

Intanto c’era il sole. Ci guardava da fuori e tramontava lentamente, cambiando la luce sul palco.
– Una bella luce farà bella la tua galleria, – diceva Hartung a Sapone mentre puntava i faretti sui quadri. Ecco.

Poi c’erano Yoko e Verdiana e Silvia, con la sua bella e numerosa famiglia: storie intense di amicizie che non muoiono mai. A volte fanno solo finta.

C’era Guido, che suonava ispirato sulla voce esatta e generosa di Tommaso. Mentre li ascoltavo pensavo alla lettera che Guido mi aveva scritto molti anni fa per dirmi che avrebbe pubblicato i miei racconti. I primi.

Ma soprattutto, in prima fila, c’erano Giulia e Alessandro.
E dietro di loro Cristina.

La storia del sarto di Picasso non è solo una vicenda di grandi amicizie, ma anche di grandi amori: Michele e Slavka, Aika e Antonio, Susi e Alberto, Cesare ed Enrica, Jeanne e Gino, Marguerite e Jean, Hans e Anna Eva, Edouard ed Helene…

Ieri, 14 aprile 2013, parlavamo di loro e della loro tenace determinazione ad affrontare la vita insieme.
Venticinque anni fa, il 15 aprile 1988, Cristina e io ci siamo sposati.
Da quel giorno affrontiamo la vita insieme, con tenace determinazione.
Storie solide, di amori che navigano la vita. Per sempre.

Tommaso Amadio nei panni di Picasso e del suo sarto.

Tommaso Amadio che racconta del compleanno di Picasso.

Guido Leotta al flauto, un attimo prima di suonare molti altri strumenti. Tutti insieme.

Luca Masia nei panni dell’autore.

Signore di Cesate tra i libri della loro biblioteca. In primo piano, “Il sarto di Picasso”.

Signora di Cesate che legge “Il sarto di Picasso”.

Il sarto di Picasso a Cesate

Una proposta davvero “Fuori salone” (del mobile), per parlare di arte e abiti, di Picasso e del suo sarto.

“Il sarto di Picasso” va in scena in forma di spettacolo, domenica 14 aprile alle ore 18.00, presso la biblioteca comunale di Cesate (via Piave 5), all’interno del festival SuperMilano.

Sul palco, insieme all’autore, Tommaso Amadio (attore e codirettore del Teatro Filodrammatici di Milano) e Guido Leotta (flauto e sax, molto jazz).

Giorni di contrada.

Lungo fine settimana a Siena dedicato al “Sarto di Picasso”. Un’articolata e intensa serie di eventi realizzata con la complicità del mio amico e collega e maestro Franco.

Giovedì 14 marzo presentazione alla libreria La Zona, un luogo piccolo e imprevedibile come quasi tutto qui a Siena: tre stanze disposte su tre piani diversi in un angolo di città che merita già un viaggio. Sul muro, a un paio di metri d’altezza, c’è un’edicola con un dipinto che raffigura la crocefissione di Gesù e dei ladroni.
Si chiama: “I tre Cristi”. Geniale.

Mescolato al pubblico, composto prevalentemente di giovani, il prefetto. So che deve venire e mi aspetto la scorta. Invece c’è solo lui, con il libro in mano.
Segni di una sobrietà che comincia a diffondersi e che fa piacere cogliere.

Dopo la presentazione, aperitivo alla galleria Fuori Campo (appena un passo fuori da piazza del Campo), con proiezione del film di Clouzot “Il mistero Picasso”. Il film andrebbe visto dalla strada, ma il freddo invita tutti ad accalcarsi all’interno. Le immagini di Picasso al lavoro si vedono al contrario, con i sottotitoli in italiano che sembrano in arabo. Ma va bene così. Picasso è un artista tridimensionale, recto/verso…
Noto però una ragazza che si avvicina al fidanzato. La vedo sorridere. Sta per dirgli qualcosa e penso: No, non farlo…”.
Lei invece apre bocca e sussurra: “Saprei dipingere anch’io così…”.
Tempo di andare a mangiare dai Topi Dalmata, in quel convivio di amici e sconosciuti capitati per caso che sarebbe piaciuto tanto a Michele Sapone.

L’indomani mattina intervista a Canale 3 Toscana. Sempre grazie a Franco. Se vi succede qualcosa, ovunque nel mondo, chiamatemi che chiamo Franco. Qualcosa di positivo accadrà.
Poi ultima cena da Tullio, sempre ai tre Cristi, sempre con Franco. Cena di ricordi e di progetti, in bilico tra passato presente e presente futuro. Ma da Tullio è facile tenere in pugno le corde del tempo.

Infine, domenica 17, lo spettacolo del sarto di Picasso con i Topi Dalmata nel teatro domestico di vialucherinisei (scritto tutto attaccato, come piace a loro), a un passo dalla casa d’infanzia di Mario Luzi, il poeta al quale ogni anno – come diceva Pontiggia – non veniva assegnato il Nobel.

Una manciata di minuti prima dello spettacolo – quando sembra tutto a posto – il computer che deve proiettare le immagini smette di funzionare. Senza immagini, della “book performance” resta solo il book. Poi una ragazza si attacca al telefono. Dopo un po’ compare un ragazzo. Si chiama Emanuele e ha uno zainetto in spalla. Nello zainetto un computer che funziona.
Passato il peggio, facciamo come se niente fosse stato e andiamo in scena. Margherita legge, Sara suona, io racconto. La gente non si addormenta. Il lungo applauso finale mi dice che il sarto è entrato anche nei loro cuori.

Tutto merito di Franco, naturalmente.

Margherita Fusi e Luca Masia alla libreria La Zona. Foto di Andrea Campus.

Libro e libraia, delicatamente sfuocati insieme. Foto di Andrea Campus.

L’ingresso del teatro di vialucherinisei.

Durante le prove: Sara Ceccarelli al flauto, Margherita Fusi di sfondo.

 

Poco prima di andare in scena.

Poco prima di mangiare.

Si va a Siena: c’è molto in Palio.

La prossima settimana si va a Siena, una città magnifica che sta attraversando un periodo difficile.

E’ importante che proprio in questi momenti di smarrimento, sia la cultura (nel senso più ampio e accessibile del termine) a indicare la direzione da prendere, la strada su cui valga la pena di camminare.

Merito quindi ai Topi Dalmata e al loro Festival Teatropia.
Merito alla libreria LaZona e alla Galleria FuoriCampo.

Giovedì 14 marzo presenteremo “Il sarto di Picasso” in libreria, mentre la Galleria FuoriCampo farà una proiezione notturna del film di Clouzot Le mystere Picasso.
Domenica 17 marzo, saremo invece sul palco dei Topi Dalmata con lo spettacolo del Sarto.

A presto Siena. C’è molto in Palio…

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Presentazione del sarto a Genova

Questa sera abbiamo fatto una bella presentazione del “sarto” a Genova.
Con Laura Guglielmi alla Mondadori di via XX Settembre.

Serate che restano: attimi da collezionare, per l’appunto…

Io ho fatto il mio mestiere di narratore raccontando la storia di Sapone e dei suoi amici artisti, ma Laura si è superata girando in bicicletta per la libreria.

Secondo me alla Feltrinelli sono morti d’invidia e alla prossima presentazione le chiederanno di salire le cinque rampe di scale su una ruota.
Può farcela: la sua bici è elettrica!

Laura Guglielmi e la sua bici alla Mondadori

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“Il sarto di Picasso”: spettacolo!

Ho sempre pensato che “Il sarto di Picasso” avrebbe meritato una versione teatrale. Ho anche provato a scriverla, ma non sono riuscito a trovare una chiave che mi permettesse di rappresentare il libro senza stravolgerne la storia.

Allora, più per necessità che per virtù, ho elaborato una specie di recital dove l’autore narra la vicenda e si interrompe ogni tanto per lasciar parlare il libro. Poi la musica, che accompagna le parole e si ritaglia alcuni spazi di scena aperta, arricchendo con i colori delle note il suono delle voci.

L’ho scritto e l’abbiamo messo in scena per la prima volta a Venezia, lunedì 11 febbraio 2013. Lunedì grasso, la giornata peggiore di quest’inverno, con neve, pioggia, vento, freddo gelido e acqua alta come non si vedeva da tempo.

Ma noi non ce ne siamo accorti, al caldo del refettorio di San Salvador. Ci siamo lasciati accarezzare dal tepore della Costa Azzurra, dove abbiamo accompagnato anche gli eroici rappresentanti del pubblico. Sì, perché esistono individui che anche in quelle condizioni escono di casa e vanno a teatro. Io non l’avrei fatto, e per questo li ringrazio.

Credo che molti di loro – come me, del resto – oltre che essersi interessati alla storia di Michele Sapone e dei suoi amici artisti, siano rimasti stupefatti dalle possibilità espressive del flauto. In scena, Federica Lotti ha soffiato dentro il suo strumento tirandone fuori suoni inattesi, che passavano dal registro lieve, sospeso, a quello grave, quasi brutale, con esattezza matematica e rapidità fisica (come un pugile che ti saltella intorno e ti colpisce al volto mentre tu stai ancora domandandoti se uscendo hai chiuso la porta di casa).

Picasso avrebbe gradito quelle note. Ci avrebbe cavato qualcosa di suo, magari un’altra “Colomba” di latta piegata, tagliata e dipinta.

Grazie a Stefano che ha reso possibile questo debutto, a Michela per la sua voce, a Federica per il suo flauto (e la sua voce).

E grazie anche a Venezia. Il fatto che esista un posto come Venezia non può essere dato per scontato. Ma come facciamo a dare sempre tutto per scontato?

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“Diario d’inverno”

Mentre andavo a Venezia per presentare “Il sarto di Picasso” in forma di spettacolo, ho letto “Diario d’inverno” di Paul Auster, uno dei miei autori preferiti.

E’ una sorta di autobiografia, e io adoro le biografie. Si tratta di un genere che frequento spesso, sia da lettore sia da scrittore. In genere amo i libri che mi permettono di entrare nella testa della gente. Un paio di settimane fa – ad esempio – ho letto “Open”, e con piena soddisfazione sono entrato nella testa di Agassi. Da scrittore cerco di fare la stessa cosa in senso inverso: offrire al lettore i pensieri nascosti dei personaggi. In qualche misura, tutte le cose che scrivo sono biografie.

Di Paul Auster posso dire che la sua narrativa mi ha sempre regalato qualcosa di cui ho fatto tesoro. Sembra scrivere come un buon insegnante di liceo che non sbaglia mai un congiuntivo e non cerca mai di sbagliarne uno apposta, tanto per vedere l’effetto che fa e sperimentare l’azione di una nota dissonante sull’andamento della composizione. Però le sue storie sanno prenderti a sberle. Mollano ceffoni le unicità dei suoi personaggi, l’asciuttezza logica e grammaticale di certe sue frasi che racchiudono senza sforzo abissi umani. In questo è un maestro.

C’è forse qualcosa di vagamente perverso nello scrivere pubblicamente di se stessi. Forse. Devo dire che nel caso di “Diario d’inverno” la cosa non mi ha dato alcun fastidio, tanto è distante il tono di voce di Auster da quello dell’autocelebrazione. Seguendo le sue riflessioni nel tempo e nello spazio si fatica quasi a capire che il suo mestiere sia scrivere: pochi accenni sempre di taglio, quasi per inciso.

Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto incontrare Auster a cena e parlare con lui del più e del meno. Prima di leggere “Diario d’inverno” l’avrei portato sul terreno della scrittura; adesso resterei nel campo aperto della vita, di cui la scrittura fa parte, ma di taglio, quasi per inciso. Cercherei magari di parlargli dei nostri corpi, e del Dio che forse li abita.

Altre due riflessioni in ordine sparso. Sono sicuro che Paul Auster adora le liste. Di solito i lettori le saltano, io invece mi ci immergo. Mi perdo nella metrica esatta di una lista ben scritta. Sono sicuro che Auster quando ne incontra una, si alza in piedi e la legge a voce alta, magari camminando, per sincronizzare meglio il battito dell’elenco con il suo respiro. Gli eroi dell’Iliade, le stirpi dei Numeri…

La seconda è che pensavo a Paul Auster come a un uomo di successo, intelligente e pieno di attività intellettuali e sociali. Adesso che ho letto dei suoi mille inciampi, lo vedo come un personaggio di Carver, e di questo gli sono grato.

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