21 ottobre 2014 - L’arte della conservazione.

Oggi siamo in Campania. Il paese è Capaccio; il paesaggio, la Piana di Paestum. Le coordinate geografiche sono 40°23′ Nord e 15°3′ Est.

Massimo e io veniamo da Sud, dal Cilento, e per raggiungere Paestum attraversiamo i monti del Cilento. La strada è un continuo alternarsi di salite e discese e curve. A un tratto, il costone del monte di fronte a noi riflette un’intensa luce argentata. Sono olivi: centinaia di olivi con milioni di minuscole foglie luminescenti che brillano sotto il sole al tramonto.

Poi, quasi improvvisamente, i rilievi diventano pianura e i boschi orti. Siamo nella Piana di Paestum, l’antica Poseidonia.
Più tardi, passeggiando tra gli scavi, Davide dirà che in questo luogo che ha ispirato poeti e cantori, sono nati molti dei miti su cui fondiamo la nostra cultura.
Storie di tremila anni fa, narrate da uomini che vivevano d’arte, commercio e agricoltura.

Anche Francesco, il protagonista della puntata, ha l’agricoltura nel sangue. Il padre era un commerciante di ortaggi e lui, fin da bambino, ha imparato l’arte dei sapori. Poi si è dedicato a quella della conservazione. Prende i migliori prodotti della sua terra, li mette sott’olio e li fa viaggiare nel tempo. In questo, Francesco è un maestro.

Ci viene incontro davanti all’ingresso degli scavi. La nostra idea è registrare una parte della puntata tra le colonne del tempio di Zeus e i gradini di quello di Cerere. Ma non abbiamo i permessi e sebbene vengano a Paestum turisti e troupe da tutto il mondo, noi restiamo fuori dai cancelli. Solo Massimo, con la telecamera a mano, si unisce a un gruppo di anziane signore americane e registra alcuni contributi.

Francesco, invece, ci segnala un luogo alternativo posto di fronte alla stazione ferroviaria, senza ringhiere, né guardiani, né biglietterie.
Non mi dispiace allontanarmi dal recinto di Paestum. Preferisco i sassi e i cocci abbandonati, lontani dal passaggio dei turisti. Arrivando nella piana, mi aveva molto colpito il muro perimetrale del sito: chilometri di pietre tagliate e squadrate con esattezza euclidea. Lo dico a Francesco e vedo che s’illumina. Il punto che ha in mente è un arco che si apre proprio in quel muro e che delimita un grande orto. Niente folla, solo la piana di Paestum e le pietre dei Greci.

Davide imbraccia la sedia e accelera il passo. La stazione scompare alle sue spalle mentre lui sembra avanzare nel cuore di Poseidonia.
Quando allunga un braccio e indica la pianura che si perde all’orizzonte, ha di fronte un campo di carciofi.

Quella dei carciofini sott’olio è una delle specialità di Francesco. Tra poco andremo da lui e ci mostrerà i suoi celebri vasetti da 600 grammi che racchiudono 250 carciofini, più piccoli di un dito! Sembrano delle murrine e per confezionarne uno occorrono sei ore di lavoro!

In macchina, Francesco mi parla del padre e del suo mestiere di commerciante ortofrutticolo. Spiega che mentre gli abitanti della Piana di Paestum si dedicavano all’agricoltura, quelli del Cilento viaggiavano e commerciavano. Nel tempo era nata una sorta di “corporazione” di mercanti cilentani dell’ortofrutta: gente intraprendente, specializzata nella selezione e distribuzione dei prodotti della terra.
Ecco perché fin da ragazzino Francesco ha avuto dimestichezza con i campi e i raccolti: seguendo il padre aveva conosciuto i prodotti e i produttori, li aveva messi a confronto, ne aveva imparato i segreti.

La sua idea fissa era però la conservazione, l’arte di mantenere nel tempo i profumi e i sapori del luogo, come il carciofo di Paestum, il pomodoro giallo di Capaccio, il broccolo friariello, la cipolla ramata di Montoro, la zucca napoletana e il San Marzano, il pomodoro simbolo della nostra passata.
Al termine della puntata, Davide dirà che il segreto della pasta al pomodoro di molti chef stellati è proprio la passata di Francesco!

La sua casa-laboratorio è in una posizione incantevole: da un lato la piana con il mare sullo sfondo, dall’altro i monti, con pareti di roccia viva esposta al sole tutto il giorno. In primo piano ci sono due rilievi: il Monte Soprano – leggermente più alto e arretrato – e il Monte Sottano, più avanzato e basso. In mezzo la collina, e sulla collina un vigneto di Aglianico, il vitigno autoctono. I filari ben distanziati che scorrono lungo il pendio, l’aria umida del mare in faccia, le correnti calde che rimbalzano sul monte di spalle; e sulla testa – dall’alba al tramonto – la luce del sole. Immagino che quel vigneto produca un grande vino. Se fossi un acino di Aglianico, l’unico anno della mia vita mi piacerebbe passarlo lassù.

Durante le riprese, Davide attraversa un campo di pomodori gialli di Capaccio. Per la verità, passa prima sotto un fico e si ferma a gustarne un frutto. Massimo lo filma e sono sicuro che monterà la scena per mandarla in onda. Poi attraversa un filare di uva fragola e ancora si lascia tentare. Anche nel campo di pomodori, Davide si china sulla terra, raccoglie e mangia.
Quello di gustare è un gesto nobile: riconoscere alla terra la sua natura di madre.

Infine entriamo nel laboratorio di Francesco, dove tutto appare moderno, igienico, funzionale. Ma appena ci si ferma sui dettagli si capisce che le macchine, i banchi e le vasche sono solo il volto professionale di una cucina tradizionale, con i fuochi, le madie di legno, le pentole di rame. Non serve altro per fare buone conserve. Solo esperienza e pazienza.

Francesco ha recuperato e sviluppato antiche tecniche e ricette, perché ciò che la natura dona, l’arte della conservazione mantenga.
La cosa più difficile è la semplicità.

Al termine delle riprese, tutti ripartono e Francesco si butta nel lavoro che ha interrotto per noi. Io resto ancora un po’, in attesa di un treno per il Nord. All’ora di pranzo mi invita a mangiare insieme alla sua famiglia. In tavola, tra le pietanze, c’è anche del pane secco. Lui ne prende una fetta e la bagna in una ciotola d’acqua, poi taglia un pomodoro giallo fresco, lo appoggia sul pane e aggiunge un pizzico di sale e un filo d’olio.
La cosa più difficile è la semplicità…

Bene, adesso è tempo di andare, ci aspettano altri paesi e altri paesaggi. Venite anche voi a Capaccio, nella Piana di Paestum; ma non come turisti, mi raccomando, come ospiti!

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