Anime in bluANIME IN BLU
Ed. Mobydick, 1996

Lo straniero che scende dalla corriera di Elanchobe fa il Rappresentante di Merci Varie, ma in realtà sta cercando una parte di sé dimenticata chissà dove. Il signor Tuna è a caccia di uno strumentista di bordo per il suo peschereccio, mentre la moglie attende con ostinazione di rivedere quel figlio che da anni non dà più notizie. Il vecchio Nyhood passa lunghe notti insonni ad arrotondare gli spigoli delle cose mentre sua nipote Otta, cieca dalla nascita, conosce il mondo attraverso le dita…

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“Un romanzo affascinante, poetico e visionario, in cui tutti i protagonisti hanno perduto qualcosa e ne sono alla ricerca. Una storia di mare che non smette di sorprendere fino all’ultima riga, e anche allora lascia aperta la porta ad un altro racconto, ad una nuova canzone.”
Guido Leotta

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“Prendeva fiato il motore della corriera. Toccava ai freni, adesso, lavorare e mordere le ruote, perché aggrappate al terreno seguissero la strada che scivolava giù dalla montagna, ripida e tortuosa. Nervosa, quella striscia d’asfalto tagliava in due il colle e univa la capitale ai piccoli paesi dell’interno. Poi si spingeva verso il mare, fino al villaggio di Elanchobe, accompagnata lungo il cammino da boschi di lecci e querce che si facevano più radi a mano a mano che si avvicinava alla costa; gradualmente si abbassavano, a poco a poco si aprivano ampi varchi nel fitto del fogliame. Infine sparivano, sostituiti da cespugli bassi e ventosi, da prati umidi e rocce scure.
Qualche curva ancora, di scorcio già si vedeva la scogliera. Pochi metri e la strada si sarebbe finalmente fermata. A Elanchobe, davanti al mare: dinnanzi a un porticciolo minuscolo dal quale anche l’oceano si allontanava, nuotando verso il largo fino a sparire nei ghiacci del nord.
La corriera fermava all’ingresso del paese, vicino alla chiesa.
Un cane di piccola taglia, con le orecchie grandi e penzolanti e il mantello macchiato di bianco, di nero e di marrone chiaro, agitava il naso appuntito nell’aria.
Era giorno di mercato, colmo di odori e colori e novità. Le donne si affollavano nelle vie, curve sotto il peso delle borse, e intralciavano il lavoro dell’autista, un ragazzo di lì, uno dei tanti figli di quella terra fuggiti a cercare un lavoro che non obbligasse a stare in mezzo ai campi o ad andare per mare. Lui ce l’aveva fatta, era riuscito a guidare la corriera, e adesso collegava la sua vecchia casa con la capitale. Si sentiva importante per questo. Premeva con la mano destra il clacson e gridava forte alle comari che vagavano, sorde e assenti tra i banchi del mercato, di scansarsi, di farsi da parte, perché aveva una fermata da rispettare, e gente da scaricare; gente nuova, importante, gente che veniva dalla capitale.”


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