EIGENMANN & VERONELLI
Un secolo di chimica per il progresso nelle industrie

Silvana Ed., 2020

Azienda di riferimento nel settore della chimica industriale, è nata a Milano nel 1910 grazie allo spirito imprenditoriale di Giovanni Eigenmann e Adolfo Veronelli.
Ricco di informazioni storiche e vicende umane, il volume ripercorre oltre un secolo di attività, dalle origini fino ai giorni nostri, passando attraverso le guerre mondiali, il miracolo economico e gli anni di piombo.

Il futuro è calato nella dimensione internazionale del Gruppo, che però rimane saldamente italiano e continua a essere gestito dalle due famiglie, con la quarta generazione degli Eigenmann e la terza dei Veronelli.
Una storia esemplare in cui si intrecciano tradizione e innovazione, ricca di spunti e occasioni di riflessione.

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I fratelli Auguste e Louis Lumière raggiungono l’Île de la Cité di buon mattino e dispongono le attrezzature davanti alla cattedrale di Notre Dame. È una soleggiata domenica d’inizio inverno. Cielo nitido, aria tersa, le condizioni ideali per girare un film.

Un paio d’anni prima, durante le vacanze di Natale del 1895, avevano realizzato il primo spettacolo cinematografico a pagamento, riprendendo gli operai che uscivano dalla loro fabbrica di Lione.

Auguste si stira i baffi a manubrio mentre Louis posiziona il cavalletto nella piazza già affollata di passanti, biciclette, carrozze. Uno scatto dell’otturatore e il movimento fluido della realtà si fissa sulla pellicola in bianco e nero. Ognuno di quei fotogrammi racchiude il battito della Parigi di fine Ottocento, la Ville lumière in piena Belle Êpoque.

Davanti alla cattedrale di Notre Dame s’incrociano le carrozze. Alcune sono scoperte e le signore tengono l’ombrello aperto per ripararsi dai raggi obliqui del sole. Il conducente di una vettura trainata da un cavallo bianco porta l’abito scuro, la tuba in testa e una coperta sulle gambe. Entra in campo un’altra carrozza, con il marchio Vichy dipinto sul retro. Subito dopo compare un giovane, con una borsa di cuoio sottobraccio. Supera l’infilata di lampioni e attraversa la strada guardando dritto davanti a sé.

Porta un cappello chiaro, l’abito scuro e la camicia bianca che spunta da sotto il panciotto. Come Auguste Lumière che lo sta riprendendo, il giovane ha i baffi grandi, ben tagliati e rivolti all’insù, già folti nonostante sia poco più di un ragazzo. Lo seguiamo camminare tra le carrozze e le biciclette che lo sfiorano. Chi mai sarà quest’uomo? Da dove viene? Dove sta andando? Forse se lo domandano anche i fratelli Lumière, mentre seguono i suoi passi rapidi nel mirino della cinepresa.

Si chiama Jean Eigenmann e vive da poco a Parigi. È nato in Svizzera nel 1877, a Homburg, un piccolo centro della Turgovia adagiato su una collina affacciata sul Lago di Costanza. Un paese tranquillo, con pochi abitanti, molti alberi di mele e cavalli al pascolo. Il giovane Eigenmann ha lasciato la famiglia subito dopo aver compiuto diciott’anni. Il destino non lo aveva fatto nascere primogenito e la vita era dura per i cadetti. Meglio ricominciare tutto daccapo, puntando sulle proprie forze.

Il suo gesto incarna lo spirito del tempo: l’idea positivista del progresso, la certezza di un futuro sempre migliore del presente. Parigi è il cuore dell’Europa, motore di una produzione industriale che cresce vertiginosamente e che va in scena come uno spettacolo nel teatro delle Grandi Esposizioni Universali. L’ultima edizione parigina si era svolta pochi anni prima, nel 1889. Era stata costruita la Torre Eiffel, il gigante di ferro dalla forma morbida e slanciata come il contrafforte di una cattedrale gotica. Sono passati cent’anni dalla Rivoluzione francese; adesso la corrente elettrica illumina le strade e le vie di Parigi sono affollate anche di notte, i caffè e i teatri non chiudono mai. La fotografia e il cinema sono in bianco e nero, ma la vita è piena di colori e i pittori impressionisti inseguono la luce.


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