CANTIERE NAVALE VITTORIA
L’arte di navigare il mare e il tempo

Skira, 2021

Un emozionante viaggio nella storia del principale cantiere navale italiano con base fluviale. Attraverso le più significative imbarcazioni realizzate nel cantiere di Adria, il libro narra la storia delle quattro generazioni della famiglia Duò, alla guida del cantiere ormai da cento anni. Dalle barche in legno per i pescatori della laguna fino ai più moderni incrociatori della Marina Militare, passando per i vaporetti di Venezia e le navi della Guardia di Finanza, il volume si snoda tra dettagli tecnici, aneddoti familiari, immagini spettacolari.

La ricerca continua della qualità guarda al futuro. Dopo quasi un migliaio di barche civili e militari, il cantiere pronto per entrare nel mondo della nautica di lusso, realizzando imbarcazioni innovative e uniche. Yachts capaci di navigare in sicurezza anche nelle condizioni più estreme.

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Briccola. Già il nome ha il sapore della laguna. Parola sdrucciola, anfibia, misto di consonanti dure che sfumano nella rotondità di vocali morbide. Luigi Duò aveva poco più di vent’anni e passeggiava davanti alla chiesa di San Pietro apostolo, sull’isola di Pellestrina. Si era fermato sul bordo del molo e osservava una briccola.

La Prima guerra mondiale era terminata da poco, ma la fame non era ancora diventata un ricordo. Alla ricerca di un lavoro, Luigi aveva lasciato il delta del Po dov’era nato nel 1897 e si era trasferito con il padre, la madre e la giovane moglie su quella striscia di terra che faceva da argine alla laguna. Senza Pellestrina non sarebbe esistita nemmeno Venezia. Una diga naturale rinforzata dai Murazzi, i muraglioni in pietra d’Istria che i Veneziani avevano eretto lungo l’isola e che dividevano il mondo in due: da un lato la spiaggia lunga e stretta che guardava l’Adriatico, dall’altro la laguna, culla di maree.

Le briccole affiorano come creature preistoriche, offrono appoggio agli scafi e indicano la rotta ai naviganti. Si nutrono d’acqua e respirano aria. Raccontano storie di terra e di mare, parlano a tutti i sensi contemporaneamente. La loro voce è quasi un gemito, attrito di barche ormeggiate e cime strozzate. Un fremito sulla pelle, quando le dita sfiorano i nodi del legno avvizzito al sole, come il corpo di certi vecchi. E poi l’odore, sentore di resina e catrame, profumo di cantiere e lavoro.

Già, il lavoro. Il papà di Luigi era un falegname e gli aveva insegnato a maneggiare gli attrezzi. Fin da ragazzo, il giovane Duò aveva frequentato gli squeri del Delta: botteghe artigiane di maestri d’ascia capaci di leggere le forme degli scafi ancora nascoste nei tronchi d’albero. A Pellestrina c’erano molti cantieri in attività che cercavano apprendisti. Lui si era offerto come carpentiere, ma era abile anche come calafato. Le dita già forti, infilava con punta e mazzetta la canapa incatramata tra il fasciame dello scafo e lo rendeva impermeable.


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