380 FESTINO DI SANTA ROSALIA
Palermo, 14 luglio 2004

testo di Luca Masia
interpretato da Luigi Burruano, Giorgio Lupano, Flavio Bucci, Mariano Rigillo
scenografia di Giantito Burchiellaro
costumi di Franco Folinea
musiche di Mario Saroglia
luci di Aldo Solbiati
regia di Davide Rampello

 Festino di Santa Rosalia 2004  (download pdf testo completo)  

Il Festino di Santa Rosalia si ripete ormai da quasi quattrocento anni, espressione di sontuosa teatralità e toccante spiritualità. La storia della peste a Palermo, il sogno della Gattuta, il ritrovamento delle reliquie di Santa Rosalia, la processione e i fuochi sono tutte cose note. Eppure gli elementi in gioco sono talmente numerosi e di così vasta portata, nel loro continuo passare dal registro sacro a quello profano, da rendere ogni volta possibile l’individuazione di un punto di vista inedito, una chiave d’interpretazione diversa. Quest’anno, il racconto del Festino si arricchisce della figura di Anton Van Dyck, il pittore fiammingo che soggiornò a Palermo proprio tra la primavera del 1624 e l’autunno del 1625. Al fianco del Vicerè Emanuele Filiberto, del Cardinale Doria e dei palermitani, Van Dyck ha vissuto l’arrivo del contagio, il suo rapido diffondersi e il suo lento esaurirsi. Come in una sceneggiatura costruita su tempi scenici perfetti, Van Dyck ha realizzato prima il ritratto del Vicerè, poi la grande tela della Madonna del Rosario, in cui rende omaggio alla Vergine Maria e alle Patrone di Palermo per aver liberato la città dalla peste.
Cresciuto nel freddo umido del nord, Van Dyck si scalda ancora ragazzo ai racconti del maestro Rubens sull’Italia e l’arte classica. Poi scende fino a Palermo e si lascia travolgere dai suoni, dai colori, dalla vitalità di una delle città più cosmopolite del tempo. La figura di Van Dyck, protagonista della vicenda come uomo e come artista, ha ispirato una scrittura drammaturgica molto puntuale, basata da un lato su una meticolosa e appassionata ricerca d’archivio, dall’altro sulla massima libertà espressiva.
Un doppio binario narrativo che mi ha permesso di esprimere i contenuti storici e simbolici della vicenda e al tempo stesso di valorizzare gli stati d’animo dei personaggi. Il Festino è in ogni tempo un rito collettivo, un percorso di vita conquistato con il lento procedere del carro. Quest’anno, grazie alla testimonianza di Van Dyck, acquista un valore universale, omaggio alla bellezza che circonda gli uomini quando si abbandonano al desiderio di credere, quando sognano, quando sperano nel miracolo al di là di ogni certezza razionale.

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“Il festino di quest’anno è caratterizzato, da una parte, da un ritorno alla tradizione, con una forte prevalenza della componente religiosa; dall’altra, da alcuni elementi di novità, primo fra tutti la drammatizzazione dell’evento, che viene letto anche in chiave teatrale consentendo a tutti i cittadini che parteciperanno al Festino di seguire la processione nel suo svolgimento anche da lontano…
Anche quest’anno, come tutti gli anni, viva Palermo, viva Santa Rosalia!”
Diego Cammarata

“Sono convinto che il Festino di Santa Rosalia rappresenti una delle più importanti manifestazioni della teatralità popolare italiana. Quest’anno, il desiderio di rendere omaggio alla Santa di Palermo, valorizzando i significati simbolici della sua storia e riportando alla luce la vastità di dati emersi dalle documentazioni d’archivio, mi ha guidato nel tentativo di creare uno spettacolo che fosse in grado di uscire dall’ambito ristretto delle mura palermitane e potesse interessare un pubblico ancora più vasto, ponendosi come universale rappresentazione del rapporto tra vita e morte, del dialogo tra sfera celeste e terrestre. Per fare questo, occorreva individuare un elemento narrativo inedito,
capace di dare nuove prospettive alla vicenda della peste a Palermo.
Nel periodo di Natale, mentre curavo la messa in scena del monologo sulla vita del Serpotta,
ho avuto modo di leggere i testi di Mendola e Abbate su Van Dyck a Palermo tra il ’24 e il ’25.
Subito è scattata una scintilla, un corto circuito tra Serpotta e Van Dyck; immediatamente ho compreso
la vastità delle possibilità espressive che sarebbero derivate
dall’inserimento del pittore di Anversa nello spettacolo.
Da quel momento è iniziato un lento, appassionante lavoro di messa a punto dell’intreccio narrativo, basato su accurate ricerche d’archivio che hanno permesso la stesura di un testo filologicamente corretto, eppure libero nella rielaborazione del pensiero dei personaggi:
Van Dyck appunto, il Vicerè Emanuele Filiberto e il Cardinale Giannettino Doria.
Ne è scaturito uno spettacolo di grande complessità stilistica, che poggia oltre che su una drammaturgia molto articolata, su una solidissima colonna sonora originale,
composta con passione e sensibilità, accostando sonorità antiche e moderne,
incrociando contaminazioni culturali che spaziano lungo tutto il bacino del Mediterraneo.
Lo spettacolo vive inoltre di scenografie imponenti, firmate da un maestro del cinema italiano, che ha progettato e realizzato gli ambienti ideali per dare respiro e importanza
a questo nuovo progetto di Festino, così fortemente teatralizzato.
Anche quest’anno, il percorso del carro è stato accuratamente amplificato per permettere a quasi mezzo milione di palermitani di seguire la rappresentazione da qualunque punto del percorso,
dal Palazzo Reale fino ai Quattro Canti. Uno sforzo creativo e produttivo rilevante,
che il 14 luglio trasforma Palermo nel palcoscenico più grande d’Italia.”
Davide Rampello

“La cornice nella quale si svolge l’epopea della Santa è quanto di più suggestivo si possa immaginare per la scrittura di un’opera teatrale: Palermo crocevia di razze e di dominazioni, periodo storico di grande fermento culturale e sociale, famosi artisti chiamati dalle corti a prestare la loro opera che si muovono attraverso l’Europa scambiando e mescolando arti e culture diverse.
Com’è moderno ed attuale tutto questo!
E poi il dramma, la peste, la disperazione, la morte. E, di nuovo, la speranza, il miracolo, la rinascita ad una nuova vita e ad un culto che arriva intatto fino ai giorni nostri… Raccontare tutto questo in musica:
musica di oggi, contaminata dalle più varie influenze culturali, dalla lirica alla musica “etnica”, dall’occidente all’oriente, dalle melodie barocche al canto del Muezzin, dai ritmi tribali magrebini al “groove” del 2004. Questo ispira la Palermo attuale, questo ispirava la Palermo del 17° secolo…”
Mario Saroglia


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