11 novembre 2014 - Una rete di lana d’Abruzzo.

Oggi siamo in AbruzzoIl paese è Scanno; il paesaggio, il Parco Nazionale d’Abruzzo. Le coordinate geografiche sono 41°53’ Nord e 13°53’ Est.

Parto all’ora di pranzo da Genova e imbocco l’autostrada, rassegnato a uscirne dopo molti chilometri.
Davide parte da Milano, più o meno alla stessa ora.
Siamo entrambi soli, ma ci teniamo compagnia telefonandoci a intervalli regolari. Io gli racconto di un versante tirrenico soleggiato, lui mi parla di una sponda adriatica in preda alla bufera. Le mie nuvole sono candidi riccioli sospesi sul cielo terso, i suoi nembi sono cumuli selvaggi spinti a terra dalla Bora che smuove l’Adriatico.

Procediamo come in un montaggio alternato cinematografico. Due puntini che scivolano verso sud, marciando paralleli in condizioni climatiche opposte. Una cresta di terra appenninica divide due mondi.
All’altezza di Roma piego verso l’interno. All’altezza di Pescara, Davide piega verso l’interno. Dovremmo scontrarci a Cocullo.
Lui arriva poco prima di me. Mi telefona e mi racconta di una strada tutta curve, rocce vive e pareti a strapiombo. Bellissima.

Saliamo fino a Scanno. Lui resta davanti, ma di poco. Esce dal paese mentre io costeggio il lago, sagomato dalla natura a forma di cuore. All’improvviso due caprioli attraversano la strada e si tuffano nel bosco. Io mi blocco, affascinato, e loro tornano indietro. Adesso sono quattro. Mi vengono incontro, forse abbagliati dalle luci della macchina. Spengo i fanali e i caprioli svaniscono. Se ne vanno morbidamente, come accarezzando l’aria. Mi hanno dato il loro benvenuto nel Parco Nazionale d’Abruzzo.
Chiamo Davide per raccontargli dell’incontro, ma non c’è segnale. A modo suo, la morte del telefono è un’altra forma di benvenuto.

L’indomani mattina iniziamo subito le riprese. Incontriamo Roberta, la protagonista della puntata, che viene da Pescara. Lei è un architetto e un designer, ma soprattutto una donna che ama la lana e che qualche anno fa ha deciso di fondere la sua passione con la sua professione. Ha creato un’attività non facile da spiegare in tre minuti di televisione. La storia però è bellissima, da qualunque parti la si osservi.

Iniziamo dalla materia prima: la lana. Qui in Abruzzo è stata per molti secoli fonte di ricchezza, poi è scomparsa dagli scaffali dei negozi e dalle bancarelle nei mercati, divorata dalle fibre sintetiche. Più voraci delle tarme. L’intuizione di Roberta è stata quella di ricostruire l’antica filiera di produzione: trovando l’allevamento e le pecore, filando la lana e infine lavorandola, magari insegnando ad altre donne un’arte che qui a Scanno è radicata come in pochi altri posti al mondo.

Roberta è salita sulle montagne d’Abruzzo e ha trovato l’allevamento di Gregorio, un vero personaggio, grande casaro. Il suo gregge conta oltre 1500 capi di razza Sopravissana, una pecora a triplice attitudine: morbida lana, ottima carne e buon latte. Il loro vello è quasi materno; i colori sono quelli della terra, dal bianco panna al marrone scuro.

Come dicevo, la tradizione del lavoro a maglia è profondamente radicata a Scanno. La lana valeva oro e i pastori abruzzesi ne possedevano in quantità.
Erano transumanti e trascorrevano molti mesi all’anno lontano da casa: in inverno scendevano verso il mare e con la bella stagione tornavano sui monti. Le loro donne, signore dei fuochi nel borgo, facevano a maglia e amministravano denari.

Il centro abitato è rimasto intatto e vi si respira l’antica ricchezza in ogni dettaglio architettonico. Vie strette lastricate, archi in pietra e portali sormontati da suggestive maschere apotropaiche. Volti allegorici scolpiti da veri artisti per tenere lontani gli spiriti e i seccatori, entrambi maligni. Bocche deformi e smorfie selvagge, gole nascoste per mettere in comunicazione le case con le strade e lanciare insulti, escrementi, colpi di schioppo. Ogni casa era una piccola realtà fortificata.

Scegliamo un angolo raccolto con un bel portale e tre ampi gradini di pietra dove Davide e Roberta lavorano all’uncinetto con le donne di Scanno che indossano il costume tradizionale.
Fa freddo e la pietra è umida. Davide e Roberta soffrono, mentre le donne di Scanno chiacchierano e alternano semplici catenelle a punti più complessi. I loro costumi sono in panno pesante, i corpetti decorati e sagomati in mondo che il seno assomigli alla prua di una nave, le gonne che cadono dritte fino alle caviglie con una trama di fittissime pieghe; sono lunghe fino a quindici metri e pesano oltre dieci chili. Un segno di ricchezza, oltre che di bellezza.

Nel pomeriggio, Davide cammina con la sedia in spalla e si perde negli angoli del paese. Si ferma davanti alla fontana Saracco, con le maschere del Re, della Regina, dello Zoccolante e del Cappuccino, poi s’infila sotto arcate e logge, risale scalinate, tocca le pietre dei portali lavorati, si tiene in discesa al ferro battuto delle ringhiere.

Sono innumerevoli gli angoli che rendono Scanno uno dei borghi più fotografati al mondo. Alcune immagini di Mario Giacomelli fanno parte della collezione del Moma di New York, ma qui hanno lavorato tanti maestri come Henri Cartier-Bresson, Gianni Berengo Gardin, Mimmo Jodice, Ferdinando Scianna e tantissimi altri.

Intanto, Roberta e Massimo preparano la parte più complessa del racconto televisivo. Roberta ha infatti fondato una scuola dove insegna a lavorare la lana d’Abruzzo. Si chiama Social crochet e conta già 5000 allievi. Si ritrovano sul web tutte le settimane e lavorano come fossero sui gradini del paese. Roberta ha opportunamente semplificato le tecniche di lavorazione per consentire a tutti di realizzare i propri oggetti. Un design che «nasce direttamente dalle mani di chi lavora la lana», dirà Davide in trasmissione.

Massimo e Roberta hanno allestito diversi set nelle case di Scanno e riprendono le donne mentre lavorano e comunicano attraverso la rete. C’è una strana atmosfera che mescola realtà urbana e natura, la tradizione arcaica del lavoro a maglia e la sua moderna traduzione su internet. Linguaggi che si mescolano e invece di respingersi si attraggono. Una bella atmosfera. Un altro segno di ricchezza, culturale prima che economica.

Prima di ripartire, Davide nota una bottega di oreficeria. Il giovane orafo ci invita a visitare il suo laboratorio e ci mostra gli antichi stampi ricavati negli ossi di seppia. Scaccio Montale dalla mente e colgo un altro evidente segno di ricchezza: la transumanza portava i pastori lontano da casa e metteva in contatto mondi lontani.
Ecco perché – oggi come secoli fa – un artigiano di montagna fonde l’oro negli ossi di seppia, portati a riva dal mare.

Bene, ora è tempo di andare, ci aspettano altri paesi e altri paesaggi.
Questo però è un luogo da vivere, non solo da visitare. Così, mentre tutti partono, io decido di restare. Prendo le scarpe da corsa e mi arrampico sui monti, verso la cima di passo Godi. Fa fresco e c’è già un po’ di neve. Il sentiero però è largo e chiaro. Tra poco sarà notte. Chissà, forse vedrò ancora i caprioli, o magari il lupo, l’orso…
Venite a Scanno, nel Parco Nazionale d’Abruzzo; ma non come turisti, mi raccomando, come ospiti!

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