3 febbraio 2015 - Le trote del Trentino.

Oggi siamo in Trentino. Il paese è Preore; il paesaggio il Parco Naturale Adamello Brenta. Le coordinate geografiche sono 46°2’ Nord e 10°45’ Est.

Partiamo presto da Trento e ripercorriamo in senso inverso i luoghi dove siamo stati nei giorni scorsi. Come mandare indietro un film per vedere come va a finire. Prima tappa il Monte Bondone, ai cui piedi abbiamo incontrato Pierino e la sua famiglia di cesellatori del rame. Poi entriamo nella Valle dei Laghi e costeggiamo il lago di Toblino, dove abbiamo conosciuto Giuseppe e il Vino Santo. Sempre incantevole questo lago capace di specchiare le montagne anche quando l’Ora del Garda muove l’acqua e agita i canneti. Il castello è sempre lì che osserva, immobile.

La nostra strada invece prosegue e il termometro scende: la valle del Sarca ci accoglie rigida. Non c’è neve e nemmeno ghiaccio, eppure siamo sotto zero. Si continua seguendo il fiume lungo la statale: Ponte Arche, Stenico, Ragoli. Fa sempre più freddo: dovremmo essere quasi arrivati. Svolta a destra, un breve tratto panoramico e infine l’ingresso nel paese. Le vasche delle trote ci aspettano in basso. Molte sono blu scuro, alcune bianche. Dev’essere il ghiaccio. Imbocchiamo con cautela la stradina che porta al laboratorio di Vittorio, il protagonista della puntata. Bisogna andare piano, tenere il volante dritto e non frenare. Anche la discesa dall’auto deve essere cauta.

Vittorio e suo figlio Daniele ci vengono incontro, noi evitiamo movimenti inutili e a piccoli passi li seguiamo all’interno del laboratorio per bere un caffè caldo. Vittorio indossa il camice da lavoro e dice che sarà una bella giornata, appena il sole spunterà dalla montagna e scalderà la valle.
Ci spiega che i pesci allevati nell’acqua fredda raggiungono la maturità dopo circa ventiquattro mesi, mentre nelle acqua tiepide degli allevamenti di pianura ne bastano dodici. La metà del tempo. È proprio questa crescita lenta, secondo i naturali ritmi biologici delle trote e dei salmerini, che permette di ottenere prodotti di qualità superiore, con carni magre e compatte.

– Per un affumicatore come me, – dice Vittorio, – la qualità della materia prima è fondamentale. Il fumo e la marinatura non devono coprire il sapore del pesce, ma completarlo e renderlo speciale.

Diamo un’occhiata fuori. Il sole è ancora lontano, come un escursionista che risale lentamente l’altro versante della montagna. Decidiamo allora di restare in laboratorio e attendere ancora un po’, prima di salire sul monte alla ricerca di torrenti alpini e faggeti secolari.
Davide indossa la parannanza e si avvicina a Vittorio. Il suo coltello mi pare meno affilato di quello del maestro, perché i movimenti sono poco efficaci. Vittorio accarezza il pesce con la lama e questo si apre, come le pagine di un libro. La tecnica di pulitura prevede una serie di tagli precisi dalla testa alla coda. Poi la filettatura e la salatura.
Anche questa è una fase importante della lavorazione, che distingue l’artigiano dall’industria.

– Noi facciamo così: salatura a secco con sale di Cervia e zucchero di canna.
– Come mai sale di Cervia?
– Perché è più delicato. È l’unico ingrediente che non viene dal Trentino…
– E lo zucchero?
– Smussa le punte e dà equilibrio…

La salatura a secco è la chiave. Alcuni produttori immergono i pesci in una salamoia di acqua e sale, lasciando più o meno invariato il peso del prodotto; l’industria preferisce iniettare direttamente nelle carni il liquido opportunamente arricchito da aromi di affumicatura, così il pesce è subito pronto e il peso aumenta in maniera considerevole. La terza via è la più lenta e dispendiosa, cioè la migliore.

– Vedi, – spiega Vittorio a Davide, – dopo la salatura a secco lasciamo le trote a riposo perché perdano l’acqua. Arrivano a pesare anche il 40% in meno.

Il segreto è togliere l’acqua per affumicare solo la carne. Ripasso mentalmente la procedura e registro che a Vittorio e alla sua famiglia occorre il doppio del tempo per ottenere la metà del prodotto.
La ricerca della qualità è una scelta, che divide le persone. Sentieri impervi che alcuni considerano impossibili, per altri sono le uniche vie da percorrere. Gli artigiani del gusto sono infaticabili cercatori della qualità. Rispettano la natura, il territorio e le tradizioni, ma soprattutto rispettano se stessi. Amano complicarsi la vita, e sono persone felici.

Dopo la preparazione del pesce, viene il momento dell’affumicatura. Anche questo è un processo delicato, che Vittorio ha sperimentato per anni nel camino di casa. Una volta trovato il giusto equilibrio tra il tempo, la temperatura e il tipo di legna, ha realizzato nel suo laboratorio una camera stagna con un piccolo forno dove la segatura di faggio brucia molto lentamente. Il processo dura anche sei ore, mai meno di quattro. Mentre l’industria impiega pochi minuti e aromi di affumicatura, all’artigiano servono molte ore e braci di legna di nobile. Non c’è solo differenza di gusto: è proprio un altro mondo.

Nel frattempo, il sole si è alzato e siamo pronti per salire in montagna. Vittorio ci guida lungo un sentiero ben tracciato, impreziosito da numerose sculture in legno. Attraversiamo un torrente e ci fermiamo a riprendere le cascate. Con la GoPro montata su un manico di scopa realizziamo suggestive inquadrature dentro e fuori i salti d’acqua, sopra e sotto i rami degli alberi, le rocce, gli arbusti. Anche noi amiamo complicarci la vita.
Cerchiamo infine un punto dove mettere la sedia di Davide e lo troviamo su una terrazza affacciata sul fondovalle di Preore. Siamo oltre i mille metri appoggiati a una parete dove alcuni scultori alpinisti si sono divertiti a inserire le loro opere nelle nicchie della pietra. Ci sono folletti che sbucano dalle grotte, teste di animali che si sporgono nel vuoto, un bruco che entra ed esce dalle fenditure.

L’ultima scena è dedicata alle vasche delle trote e dei salmerini in quota, dove le acque sono ancora più fredde e cristalline. Il sole sta rapidamente cambiando versante e dobbiamo fare in fretta. La GoPro si immerge e guizza come un pesce nel branco. Daniele, il figlio di Vittorio, imbraccia sicuro il retino e cattura alcuni esemplari. La macchina da presa è lì, tra le maglie: viene catturata anche lei, piena di belle immagini.
Vittorio ci racconta delle sue trote iridee marinate, che prepara seguendo una ricetta a base di aceto e Nosiola – il vitigno autoctono della Valle dei Laghi – sale dolce di Cervia, zucchero di canna e spezie. Ci parla anche delle uova di trota che estrae con cura per non ferire l’animale, e poi confeziona senza l’aggiunta di coloranti e conservanti. Sembrano piccole gemme di oro rosso; le vediamo brillare sulle tartine che assaggiamo in un bel locale vicino a Pinzolo, austero ma caldo come un refettorio monastico, le tavolate disposte ai lati della sala in pietra con niente al centro: solo una colonna a reggere la volta.
Gustiamo tutti i prodotti di Vittorio e non possiamo fare altro che riaccendere la telecamera e il microfono. Davide guarda fisso nell’obiettivo e dice che queste sono eccellenze del Trentino: veri prodotti da chef.

Bene, ora è tempo di andare, ci aspettano altri paesi e altri paesaggi. Venite in
Trentino, nel Parco Naturale Adamello Brenta; ma non come turisti, mi raccomando,
come ospiti!

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