7 gennaio 2015 - Le sardine del Sebino.

Oggi siamo in Lombardia. Il paese è Monte Isola; il paesaggio: il lago d’Iseo.
Le coordinate geografiche sono 45°42’ Nord e 10°4’ Est.

Parto da Genova alle cinque del mattino, per arrivare presto sul Sebino. Guido nella notte con poche ore di sonno e lascio che la strada scorra sotto l’auto, piatta e uniforme. I fari illuminano la via quel tanto che basta per andare dritti. Il resto è un insieme indistinto, solo buio che si confonde con altro buio. Evito di pensare e non mi sforzo neanche di cogliere il mutare del paesaggio, dal mare alla pianura, fino alla base dei monti. Poi arriva la luce e sono a Brescia. Un paio di svincoli superati in qualche modo, sempre a cervello spento e con l’aiuto del navigatore; poi una svolta a destra e infine la strada che porta al lago.

Per la prima volta apro realmente gli occhi e ciò che vedo vale la giornata: il lago d’Iseo che si distende verso nord, con Monte Isola al centro e dietro, sullo sfondo, le cime innevate delle Alpi Orobie. Per un po’ guido con il naso all’insù, alla francese, mescolando il blu scuro del lago con il verde dei boschi e il bianco della neve già illuminata dal sole.
Se fossi arrivato con comodo ieri sera, mi sarei perso tutto. Del resto, siamo venuti sul Sebino per parlare di pesca; svegliarsi presto al mattino era quasi un obbligo.

Lorenzo – il protagonista della puntata – è un ragazzo di venticinque anni che si sveglia sempre all’alba. Era emigrato nella grande città per studiare Architettura, ma a quattro esami dalla fine è tornato sul suo lago per diventare un pescatore professionista.

Queste acque sono frequentate dai pescatori fin dalla più remota antichità: da oltre mille anni le sponde del lago d’Iseo sono abitate da gente che ogni giorno prende il largo per calare le reti e catturare agoni, coregoni, persici, carpe e anche salmerini, i salmonidi che cercano le acque più fredde e pulite.

Lorenzo ci raggiunge con il suo naétt, il tipico scafo del lago, affusolato come una gondola, molto maneggevole e con il fondo piatto. Durante la pesca si governa con i remi che lavorano incrociati, con piccoli gesti esatti.
Sulla barca c’è già il cesto con le reti. Adesso è stagione di agoni, le sardine d’acqua dolce. Per pescarle si utilizza una rete particolare, chiamata sardenera, con le maglie molto fitte e la tensione piuttosto morbida. La sardina di lago è molto più lenta di quella di mare e la rete deve essere più sensibile per catturarle.

I retifici di Monte Isola avevano iniziato l’attività già nell’anno Mille, e nell’Ottocento erano tra i più famosi in tutta Europa. Anche oggi sono garanzia di qualità artigiana per le reti da pesca, ma nel frattempo sono diventati tra i maggiori produttori mondiali di reti per lo sport, dalle porte dei campi di calcio alle reti da tennis e pallavolo. Qualità artigiana italiana che resiste nel tempo, si adatta e si trasforma reinventando le proprie tradizioni.

Il lago è calmo, il sole alto: la giornata si annuncia fresca e luminosa. Il Sebino è un luogo dal fascino unico, con acque scure che sembrano racchiudere chissà quali segreti. Le montagne svettano tutt’intorno, ma prima si vedono i boschi e prima ancora i vigneti e soprattutto gli oliveti.

Ci allontaniamo dall’isola in barca e mi soffermo con lo sguardo su un bosco di cipressi. Abituati a vederli ordinatamente allineati sui dorsi delle colline, sui viali delle chiese, dei cimiteri e delle dimore residenziali, quasi non pensiamo più ad alberi capaci di crescere spontaneamente. A Monte Isola, proprio sopra il centro abitato e subito sotto uno sperone di roccia viva, cresce un bosco di cipressi: bellissimo nella sua inusuale spontaneità.

Il territorio di pesca, oggi è nel centro del lago. Lorenzo aveva calato le reti al mattino presto. Mentre io viaggiavo, lui pescava. Adesso andiamo insieme a salparle. Mi confida che siccome ieri c’era maltempo, il pesce potrebbe essersi mosso: spera in una buona pesca. Superiamo l’isola di San Paolo, splendido scoglio sormontato da un frammento di bosco che sembra galleggiare sull’acqua. In origine era di proprietà dei monaci, poi passò di mano in mano fino alla fine del ‘700, quando divenne di privati.

– Oggi è dei Beretta, – mi confida Lorenzo, mentre governa la barca.
– Salumi?
– Armi.
– Ah.

Lorenzo impiega poco più di un’ora per salpare la rete. Il freddo è pungente, reso ancora più aggressivo dall’umidità del lago e dalla luce del sole che si è indebolita sotto un velo di nubi. Inoltre si è alzato il vento e increspata l’acqua. Lorenzo non batte ciglio. A mani nude continua a lavorare sulla rete, togliere i pesci e sorridere come se stesse facendo la cosa più bella del mondo. Da solo, sulla sua barca, in mezzo al suo lago. Davvero una cosa bellissima.

Oggi la pesca è molto buona. Le reti sono piene di sardine di generose dimensioni. Lorenzo è felice e noi con lui: forse gli abbiamo portato fortuna.
Torniamo subito a terra per pulire il pescato, che deve essere preparato per l’essiccazione. Timidamente chiedo se non si possa pulire a bordo, per pasturare l’area di pesca senza sporcare a terra. Lorenzo mi dice che si è sempre fatto così, ma che oggi non si può più. Lo impediscono le leggi e le multe sono salate (nonostante l’acqua dolce del lago). Chiedo perché, ma nessuno sa dirmi come mai le interiora dei pesci, che vengono dal lago, non possano tornare al lago e diventare cibo per altri pesci.

Dovremmo dedicare un ciclo di Paesi, paesaggi all’assurdità di certe leggi che sembrano fatte apposta per ostacolare il lavoro degli artigiani e la loro ricerca della qualità.

La pulizia del pesce si pratica con una tecnica antica: un taglio che il pollice scava sotto le branchie, da cui si fanno fuoriuscire le interiora. Un gesto rapido che Lorenzo mostra alla telecamera mentre Davide indossa la parannanza e si appresta a imitarlo nel lavoro.
Poi le sardine vengono salate e lasciate riposare un paio di giorni prima di essere appese sugli arconi – gli archèc – i tradizionali telai che nei mesi freddi tengono il pesce all’aria fresca e ventosa del lago. Rimangono all’aperto circa un mese, poi le sardine vengono messe sott’olio e si conservano per anni.

Il finale della giornata è mozzafiato. Ormai è quasi buio e dobbiamo ancora girare l’arrivo e la partenza di Davide, con alcune battute in diretta dalla sedia. Massimo – il regista – si ostina a voler effettuare queste riprese sul lago, a bordo del traghetto, che però farà una sola corsa di cinque minuti poco prima che cali l’oscurità.
Arriva il battello e saliamo di slancio. Giriamo subito cinque o sei stacchi tutti buoni alla prima. Davide ricorda alla lettera anche le frasi più lunghe e ingarbugliate. Il pilota del traghetto sembra divertito della nostra efficiente frenesia. Deve essere il profumo della televisione: tutti vedono un solo lato dello schermo, e quando capita di sbirciare cosa succede dall’altra parte, durante le riprese, lo spettacolo diventa vero.

L’uomo capisce che ci farebbero comodo un paio di minuti di margine. Allora, sotto gli occhi attoniti dei passeggeri in attesa sul pontile di Sulzano, sposta la barra del timone e disegna un ampio cerchio panoramico. Massimo ci prende gusto e gli chiede di rimanere fermo così, con le Alpi innevate sullo sfondo.
Il tempo di una battuta. L’ultima della giornata.

Bene, adesso è tempo di andare, ci aspettano altri paesi e altri paesaggi. Venite a Monte Isola, sul Lago d’Iseo; ma non come turisti – mi raccomando – come ospiti!

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