28 aprile 2015 - Le cantine del culatello.

Oggi siamo in Emilia. Il paese è Polesine Parmense, il paesaggio la Bassa Padana. Le coordinate geografiche sono 45°1’ Nord e 10°5’ Est.

La nostra auto corre rapida lungo le strade di pianura, tra curve morbide e rettilinei affiancati da campi di grano ancora verdi.
– Il cielo è piatto, – borbotto a Davide mentre allungo le braccia sul volante.
In effetti, oggi il verde dei campi è un po’ spento.
– È sempre bella la luce della Bassa… – dice lui con un filo di voce, come parlando a sé stesso. – Non è mai piatta…
Stiamo attraversando un paesaggio ampio. Una natura spesso avvolta nella nebbia, oppure abbagliata dal sole che si riflette sulle increspature del Po. Quando il cielo è grigio, l’ambiente si dilata e le giornate sembrano appese, come persone in attesa.

A un tratto, un cartello sul ciglio della strada indica l’Antica Corte.
– Ecco, ci siamo, – dice Davide.
Svolto e percorro la strada in leggera discesa. Pioppi lungo la via, a sinistra la Chiesetta del Po, con il campanile che sembra la copia in miniatura del Torrazzo di Cremona, a destra un campo dove pascolano libere alcune vacche e un cavallo. Poi la strada diventa sterrata. Giriamo intorno al fossato e costeggiamo il rialzo della golena, superiamo il ponte in legno ed entriamo nella corte. C’è un pavone, accanto alle biciclette. Non si cura di noi, mentre scendiamo dall’auto e salutiamo Massimo, il protagonista della puntata. Questa è casa sua.

Siamo venuti qui per raccontare la sua storia e quella dell’Antica Corte Pallavicina. Storie uniche, esemplari, che però racchiudono lo spirito di un popolo e sembrano fatte apposta per essere imitate, magari in scala ridotta, rispettando gli stessi valori e gli stessi tempi. Un po’ come il campanile della Chiesetta del Po, a un passo dall’argine: più piccolo di quello di Cremona, ma ugualmente bello.
Per raccontare questa storia è bene partire dalle origini, quando i marchesi Pallavicino costruirono il loro castello nel primo Trecento. Una dimora blandamente fortificata, posta dove il Po incrociava la Via del Sale. Luogo di scambi, merci e culture. Si navigava il fiume e si attraccava direttamente al pontile dell’Antica Corte, come a Venezia sul Canal Grande. Il castello non era stato progettato per respingere i nemici, ma per accogliere i prodotti alimentari, in larga parte derrate versate come tributi ai feudatari. I Pallavicino dovevano essere molto più interessati alla qualità dei cibi che alla forza delle armi.

Sotto di noi ci sono le cantine, ancora perfettamente in uso, realizzate settecento anni fa proprio per stagionare le eccellenze del territorio, soprattutto parmigiani e culatelli. Ancora oggi, sono questi i simboli di Zibello e della Bassa Parmense.
Nel Quattrocento la struttura divenne una grande azienda agricola e nel corso dei secoli conobbe alterne fortune, diventando addirittura una caserma dei Dragoni.
Il bisnonno di Massimo vi si trasferì alla fine dell’Ottocento. Lavorava come agricoltore per Giuseppe Verdi ed era il suo norcino preferito. I salumi e i culatelli che il Maestro tanto decantava, li produceva il bisnonno Carlo. Anche suo figlio, il nonno di Massimo, era un uomo di talento, che conosceva bene il suo mestiere e amava inventarsene di nuovi. Così, nel 1920, organizzò un servizio di battello per trasportare persone e merci da una sponda all’altra del Po.

Nelle stazioni di partenza e di arrivo aprì due osterie, gestite dalle donne di famiglia. Cucinavano ciò che si produceva nei campi dell’Antica Corte: le verdure dell’orto, le carni degli animali, le uova delle galline, i vini della vigna.
Non era solo un’attività, ma un sistema economico, che legava le persone al loro territorio. Questo piccolo mondo antico, raccolto sull’argine del fiume, è sopravvissuto alla guerra ed è rimasto in vita fino a quando la fuga dalle campagne, le piene del Po e l’ansia della modernità hanno cambiato il corso delle cose. L’Antica Corte Pallavicina, dove Massimo era nato e la sua famiglia aveva vissuto e lavorato per generazioni, fu abbandonata. Poi, lontano dalla vecchia casa sul fiume, Massimo trovò la sua strada e diventò un grande chef, rimanendo però un uomo di campagna, un cuoco agricoltore.

Davide cammina lungo il perimetro del castello e posa la sedia. Indica l’Antica Corte alla sue spalle ed esclama:
– Massimo e suo fratello non potevano lasciare che la loro casa andasse in rovina! E per darle un futuro, hanno fatto tutto come nel passato, rimettendo ogni pietra dov’era sempre stata.
Dopo oltre vent’anni di lavori, l’Antica Corte dei Pallavicino è tornata a essere come un tempo: una grande azienda agricola con gli orti e la vigna, il frutteto, i suini di razza Nera Parmigiana, le vacche al pascolo, le galline e le oche e le anatre nel cortile, il ristorante, le camere e le cantine, dove stagionano salumi e formaggi prodotti qui, con le materie prime di casa.

Questa è la storia di persone che hanno trovato se stesse, ritrovando la propria terra. Ogni prodotto di quest’azienda è un mondo, tutto da scoprire.
Davide si alza e s’incammina verso le cantine. Scendere una rampa di scale in pietra antica, aprire il chiavistello di una vecchia porta di legno ed entrare in uno spazio sotterraneo dove stanno affinando migliaia di culatelli di Zibello, non è cosa da tutti i giorni. Credo che queste cantine siano uniche al mondo. I muri trasudano l’umidità e le muffe nobili si trasmettono dai culatelli più anziani a quelli più giovani. Il naso poco allenato si perde nella massa dei profumi, mentre l’occhio indugia sulle forme dei culatelli. Alcuni sono più tondi e gonfi, altri allungati e raggrinziti. Anche le superfici sono molto diverse: lisce e rosate, oppure brune e rugose, coperte di concrezioni come conchiglie nel mare.

Massimo è con noi e ci presenta la sua cantina, uguale a quella dei signori di settecento anni fa. C’è una grande finestra a nord, da cui entra l’aria del fiume; poi due feritoie ai lati per farla circolare. Ma non è solo l’aria che entra in cantina e accarezza i culatelli: c’è anche la nebbia, la vera signora della Bassa.
– Quando c’è nebbia, apriamo la finestra, – dice Massimo, – ed è allora che si compie il miracolo.
Mesi di allevamento dei maiali e giorni di lavorazione delle carni, diventano pregiati culatelli di Zibello. È un processo lento, un miracolo appunto, che si compie qui in cantina, con la nebbia che entra, avvolge le forme e trasforma le carni.

Massimo e Davide avanzano facendosi letteralmente largo tra i culatelli appesi, destinati ai più importanti chef di tutto il mondo. Non è proprio cambiato niente. Questi culatelli sono come quelli che il bisnonno Carlo faceva per Giuseppe Verdi. Tutto è rimasto come una volta. Un grande passato, che è già futuro.
Usciamo dalle cantine senza fare rumore. Chiudiamo la porta, lasciando aperta la finestra sul fiume. Bene, ora è tempo di andare, ci aspettano altri paesi e altri paesaggi.

Venite nella Bassa Padana, a Polesine Parmense; ma non come turisti – mi raccomando – come ospiti!

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