26 febbraio 2016 - Le alchimie dell’olfattorio.

Oggi siamo in Emilia-Romagna, a 25 km da Rimini. Il paese è Torriana, il paesaggio la Val Marecchia. Le coordinate geografiche sono 43°59’ Nord e 12°23’ Est.

Dall’Appennino centrale alla riviera romagnola è tutto un susseguirsi di balconi panoramici. La vista si distende come un vento largo e lo sguardo ondeggia tra le colline, le rocce, le foreste e i vigneti. Il territorio sembra modellato dall’aria: sempre in movimento, con ondulazioni lievi d’argilla e una vegetazione compatta da cui sbucano qua e là speroni di arenaria. Ci spostiamo da un’altura all’altra, cercando di catturare con la telecamera le emozioni degli occhi. Inseguiamo la luce, i contrasti, le forme di questi luoghi: ciò che abbiamo imparato a vedere nei quadri del Rinascimento.

Questa terra, contesa e di confine, custodisce un patrimonio culturale unico al mondo. Le grandi famiglie se la sono disputata per secoli e mi piace pensare che le gocce di sudore e sangue dei contadini e dei soldati siano diventate castelli, abbazie, poemi, affreschi. Davide si arrampica sulla punta che sovrasta Torriana. Lui che soffre di vertigini allarga le braccia e si aggrappa con lo sguardo alla rocca di San Marino. Poi gira su sé stesso; la macchina da presa lo insegue a spalla e noi ruotiamo dietro l’operatore per non finire in campo. Tengo lo sguardo basso e lo sento dire:
– Queste sono le terre dei Malatesta e dei Montefeltro, di Dante e Piero della Francesca… Signori, questa è l’Italia.

Ripetiamo la scena alcune volte, finché Massimo – il nostro regista – dice che è venuta bene. Solo allora cancello la battuta dalla sceneggiatura. Poi saliamo in macchina e attraversiamo la tenuta di Saiano, diretti all’Olfattorio di Baldo e Tommaso.

Se la Val Marecchia è una sintesi dell’Italia, la tenuta di Saiano è una sintesi della Val Marecchia. Sessanta ettari di armonia dove la mano dell’uomo ha stretto quella della natura. Il bosco è pieno di animali selvatici, i campi sono generosi e i filari di Sangiovese si distendono regolari, irrigati da quattro laghetti che raccolgono l’acqua piovana. Nel cuore della tenuta esisteva un piccolo borgo di agricoltori e pastori, le cui origini potrebbero essere addirittura etrusche. Oggi, al posto degli antichi casoni c’è il ristorante di un giovane e sensibile cuoco della valle, con alcune camere intonate all’ambiente e alla sua storia.

Poco più in là c’è l’Olfattorio, dove Baldo e Tommaso – i protagonisti della puntata – realizzano vermut e liquori artigianali di qualità inimitabile. Tommaso è un vero e proprio chef del bar, che sa leggere i gusti del pubblico e li reinterpreta miscelando liquori e spezie. Baldo invece è un alchimista, un naso eccezionale e un palato infallibile. Conosce i profumi e i sapori, li ascolta, li accosta, li unisce. Gli scrittori fanno grosso modo la stessa cosa con le parole, i musicisti con le note e i pittori con i colori.

Nell’Olfattorio sono custodite oltre 1500 botaniche: radici, rizomi, spezie, bacche e resine che Baldo e Tommaso tagliano, grattano, pelano, pesano, filtrano e mettono in infusione per realizzare le loro creazioni alcoliche. Sono artisti della sensorialità. L’Olfattorio è il loro mondo segreto, un laboratorio di creatività che si presenta come un corridoio sospeso, con un grande tavolo in legno e centinaia di barattoli scuri disposti ai lati. Su ogni barattolo c’è un’etichetta dipinta a mano da Baldo, alla maniera benedettina. In fondo c’è una piccola sala da concerto. Un tavolo che assomiglia a un palcoscenico, sovrastato da un palco semicircolare come la platea di un teatro greco. Baldo siede al tavolo con un foglio di carta crespa davanti a sé, il calamaio e un pennino. Tutt’intorno, le boccette di essenze.

Come un direttore d’orchestra che gioca con l’udito maneggiando le note di ogni strumento, così Baldo gioca con il gusto e l’odorato, armonizzando profumi e sapori capaci di regalare emozioni, oppure di avvelenare. Lui insegue un’idea, spesso impossibile da esprimere, assaggia e annusa. Cerca una boccetta, la apre, ne cattura le informazioni. Poi le scrive: inchiostro su carta, pensieri che a poco a poco prendono forma e diventano ricette. Un modo di lavorare lento e minuzioso, l’unico possibile per Baldo e Tommaso.

Tra le loro creazioni più recenti ci sono un vermut rubino con due tipologie di assenzio e una resina balsamica, un liquore di noci invecchiato quattro anni e un infuso di carciofo ed erbe. Ma soprattutto l’elisir degli elisir: il bitter di Baldo, con oltre sessanta botaniche. Occorrono centoventi giorni di lavorazione e più di quindici anni per armonizzare tutti questi aromi. Baldo e Tommaso stanno recuperando la grande tradizione italiana del vermut, nata a Torino con Antonio Benedetto Carpano nel 1700, ma già nota fin dall’antichità.

Chiedo a Tommaso da dove derivi il termine vermut, con cui è stato chiamato questo vino aromatizzato con assenzio e altre piante.
– Esistono diverse ipotesi – mi spiega – La più accreditata è che sia una rielaborazione del tedesco Vermuth,che significa appunto assenzio. Ma potrebbe anche essere un francesismo, da verre “bicchiere” e mouth, “bocca”.
– È davvero un’invenzione italiana?
– Carpano ha creato il prodotto e il marchio – dice Baldo – ma in Algarve era già noto nel ‘500 e anche i Romani preparavano l’Absinthiatum vinum, un succo d’uva fermentato e impreziosito conassenzio e spezie. Una storia antica, che porta lontano nei secoli, lungo rotte di commerci e culture.

L’ultimo atto della giornata è il cuore del servizio. Ormai abbiamo capito che la vera arte di Baldo e Tommaso è creare liquori sperimentali, individuando accordi aromatici personalizzati. Un po’ come fa un sarto quando cuce un abito su misura e veste un caratterenon un corpo. Chiediamo se possono fare qualcosa del genere anche per noi – cioè per Davide – davanti alla telecamera. Non aspettavano altro. Lo invitano a sedersi al centro dell’Olfattorio e lo bendano. Poi gli chiedono dei suoi colori, della sua musica, dei suoi materiali preferiti. Ogni tanto Baldo individua una boccetta, la porge a Davide e ne registra la reazione.

Si procede a lungo così, tra profumi e olii essenziali, finché sul foglio di carta crespa il pennino dell’alchimista traccia le linee guida della personalità sensoriale di Davide.Il suo mondo interiore,la cuvée che sarà la base per realizzare il suo liquore o il suo profumo. Prendo il foglio dal tavolo e leggo a voce alta, sforzandomi di decifrare la grafia amanuense di Baldo. Sono nomi di piante e fiori e spezie, ma in certa misura anche il carattere di Davide, il suo spirito.
– Giaggiolo, Galanga, Pepe di Goa, Pepe rosso, Sassofrasso
– Questo sono io? – chiede Davide, annusando la boccetta che racchiude il suo accordo aromatico.
– Bisogna ancora lavorare sulle dosi – risponde Baldo – smussare gli angoli e raggiungere la perfetta armonia. Ma quello sei tu.
– Meraviglioso – esclama Davide.
Poi si volta verso la macchina da presa e aggiunge:
– Questa è l’Italia della qualità.

Bene, ora è tempo di andare, ci aspettano altri paesi e altri paesaggi.

Venite a Torriana, in Val Marecchia; ma non come turisti – mi raccomando – come ospiti.

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