25 marzo 2016 - La patata bianca di Oreno.

Oggi siamo in Lombardia. Il paese è Oreno di Vimercate, il paesaggio la Brianza.
Le coordinate geografiche sono 45°37’ Nord e 9°21’ Est.

Quando Marco, il nostro direttore di produzione, mi telefona per sapere se sono già partito da Genova, sto svoltando per uscire dalla tangenziale a nord di Milano. Il paesaggio è piatto e uniforme, il cielo grigio. Aspettavamo il sole, invece sta per piovere. Il navigatore dice che sono alle porte di Vimercate, a un paio di chilometri da Oreno. Comincio a temere il peggio: cerco con lo sguardo il paesaggio che ho descritto nella sceneggiatura, ma vedo solo macchine in coda e strade e capannoni. Sempre al telefono, Marco mi spiega dove andare. Non capisco e procedo alla cieca per qualche centinaio di metri, poi di colpo entro in paese: una curva, una leggera salita, l’asfalto svanisce e il manto stradale si ricopre di un bel selciato antico. La via diventa strettissima, quasi pedonale. Colgo al volo una casa rurale ottocentesca sulla destra, un’altra più antica sulla sinistra; costeggio in rapidissima successione l’ingresso quasi nascosto della rinascimentale Villa Borromeo, poi un’altra curva e sono davanti alla monumentale Villa Gallarati ScottiIn una manciata di secondi, tutto è diventato silenzioso ed elegante; anche la gente si muove con passo felpato, come per non svegliare le pietre e la natura.

Oreno si rivela un paese nobile e inatteso. Anche il cimitero è impreziosito da una coppia di cappelle gentilizie. Quella dei Borromeo è particolarmente interessante, costruita con i materiali ricavati dalla demolizione del Lazzaretto di Milano.

Raggiungo i protagonisti della puntata: Paolo, Francesco e sua moglie Lucia. Hanno una bella azienda agricola proprio nel cuore del paese, tra le ville e il Convento dei Frati Minori Cappuccini. Coltivano i prodotti dell’orto, ma soprattutto le patate bianche di Oreno, con cui realizzano strepitosi gnocchi artigianali.

Ci accompagnano nel convento, il cui impianto originario risale addirittura al Duecento. Poi entriamo nel parco di Villa Borromeo. I custodi e i proprietari sono gentilissimi e ci guidano alla scoperta della proprietà. Il nostro operatore prepara il drone e lancia l’oggetto volante sui tronchi secolari del parco. Davide apre la porta di un magazzino e lo attraversa con la sedia in spalla; il drone dietro di lui accarezza le pareti in pietra e il soffitto basso in legno.

Ci avviciniamo alla casina di caccia. All’esterno noto un’interessante scultura inserita in una nicchia, con la Madonna che tiene sulle ginocchia un piccolo Gesù così umano e reale da strappare un sorriso. È tutto storto, con le gambe alzate, come fanno i neonati quando gli si cambia il pannolino. Una raffigurazione molto bella e credo insolita per la cultura del Cinquecento.

All’interno ci sono alcuni elementi d’arredo originali e un grande affresco che decora la stanza del piano superiore, con scene di caccia, animali e piante, volatili, levrieri, dame e cacciatori. Tutto molto bello: da visitare.

Tutt’intorno boschi e campagne che il nostro drone esplora dall’alto, con picchiate improvvise da sessanta metri sulla testa di Davide. Nel frattempo smette di piovigginare e si apre uno squarcio di luce, che bagna le Alpi sullo sfondo e il Resegone. È il momento di lasciare il centro abitato e andare nei campi di patate. Prima però Davide deve rendere omaggio alla statua dell’abate Müller, il religioso e botanico che per primo ha introdotto la coltivazione della patata bianca qui ad Oreno alla fine dell’Ottocento.

Due secoli fa, questi terreni erano coperti di vigneti e gelsi. Poi la filossera e l’invenzione delle fibre tessili hanno modificato l’economia e il paesaggio rurale, favorendo la coltivazione della patata bianca. Fino agli anni trenta del Novecento, queste terre erano tutte coltivate a patate e nel periodo della fioritura i campi sembravano prati ricoperti di minuscoli fiori bianchi e gialli. Poi le guerre, la modernità, la fuga dalle campagne e l’abbandono delle proprietà. Fa piacere vedere che oggi la biancona sia ancora coltivata – con eccellenti risultati – da giovani come Francesco, Lucia e Paolo, che hanno riscoperto le tecniche di produzione artigianali e hanno puntato sulla trasformazione del prodotto fresco, creando un alimento ad alto valore aggiunto.

«Il nonno di Paolo era chiamato “patàn”, l’uomo delle patate!» esclama Davide camminando con la sedia in spalla lungo i solchi che il trattore ha aperto di fresco.

Il terreno di Oreno è ricco di minerali e trattiene molto bene l’acqua, evitando dannosi ristagni. La pasta della patata di Oreno è naturalmente bianca, con un sapore ricco e intenso, la polpa molto soda e poco umida, ideale per gli gnocchi.

Per valorizzare la bianconaPaolo ha avviato la produzione artigianale proprio degli gnocchi di Oreno, secondo l’antica ricetta locale.

È tutto molto semplice e al tempo stesso difficile. La sfida era portare nei negozi di oggi gli gnocchi di casa di una volta. Per la dimostrazione, Paolo indossa la giacca da chef e seleziona le patate. Ne servono molte, oltre il 70% del peso totale, ben lessate, schiacciate, salate e impastate. In genere, negli gnocchi industriali, si trova poco più del trenta per cento di farina di patate estere liofilizzate. Una grande differenza, che si sente subito in bocca, già assaggiando il prodotto crudo, rubandolo dal canovaccio infarinato come i bambini impazienti che non vedono l’ora di sedersi al tavolo della festa.

Paolo taglia l’impasto e mette gli gnocchi ad asciugare. Nessuna aggiunta di additivi, né condensanti, né coloranti, né conservanti. Negli gnocchi di Oreno ci sono solo patate bianche locali e duecento anni di esperienza…

Per la gioia di Davide, appena pronti gli gnocchi, Paolo si mette ai fornelli. Gli basta una piastra elettrica montata sul ripiano di un furgone parcheggiato all’aperto. Lo stesso negozio ambulante che Francesco e Lucia utilizzano per andare nei mercati e proporre le patate bianche di Oreno fritte.

Paolo mette a bollire gli gnocchi, poi li scola e li fa saltare con il lardo e la pancetta. Una, due, tre giravolte della padella sotto l’occhio attento della telecamera che cattura al rallentatore il movimento del polso e il volo degli gnocchi.

Infine la presentazione, con un letto di crema di zafferano che accoglie gli gnocchi insieme a un tocco di panna. Il piatto è tutto per Davide:

«Anche questa è l’Italia della qualità!»

Bene, ora è tempo di andare, ci aspettano altri paesi e altri paesaggi.

Venite a Oreno di Vimercate, in Brianza; ma non come turisti, mi raccomando, come ospiti.

Clicca qui per leggere l’articolo pubblicato su mentelocale.it

 


| realizzato da panet.it |  | ©2008 Luca Masia |