7 aprile 2015 - La Casa Cava.

Oggi siamo in Basilicata. Il paese è Matera, il paesaggio la Murgia Materana. Le coordinate geografiche sono 40°39’ Nord e 16°36’ Est.

Oggi non c’è un viaggio da raccontare. Eravamo già nella città dei Sassi e non abbiamo intenzione di andare altrove. Potremmo stare ore affacciati sulla vertigine della Gravina a ispezionare gli anfratti del tempo. Visto dall’alto, questo luogo sembra il giocattolo di un gigante, il suo castello di sabbia. E invece è la terra di tanti operosi esseri umani, anonimi cavamonti che hanno scalpellato i propri spazi nel tufo. I Sassi di Matera, dopo essere stati vergogna nazionale e Patrimonio Mondiale dell’Umanità, saranno tra poco il cuore pulsante della Capitale Europea della Cultura.

Passeggio con Davide sulla via che costeggia il dirupo. In sottofondo, il mormorio del fiume, come un Piave che brontola al passaggio degli stranieri.
– Matera è una vera capitale della cultura, – dice Davide, continuando a guardarsi intorno. – Qui la bellezza non è un concetto astratto, ha la concretezza della pietra.
– Pietra docile, malleabile…
– Come una conchiglia. È la natura che protegge gli esseri umani.
– Murgia viene da murex, murice.

Non riusciamo a staccare lo sguardo dalla città antica, rimbalzando continuamente con lo sguardo dal generale al particolare. I Sassi colpiscono per la ricchezza inesauribile dei dettagli e al tempo stesso per l’omogeneità dell’insieme: tutto sembra l’opera di uno scenografo, e invece è il frutto di generazioni di mastri e scalpellini, ciascuno impegnato a realizzare piccole cose: abitazioni, chiese, cortili, cisterne, condotte d’acqua… Non hanno nome quegli individui, ma hanno realizzato un’opera d’arte irripetibile, lento e tenace stratificarsi di esperienze comuni, maturate nel tempo.

– Di solito pensiamo ai Sassi come a una scultura, – dice Davide all’improvviso, – invece sono un quadro. Prima una pennellata, poi un’altra… e avanti così, per secoli e millenni…
– Ci sono oltre centocinquanta chiese, costruite sottoterra come quelle di superficie.
– Fanno anche loro parte del quadro. Si potrebbe riscrivere la storia dell’arte italiana partendo dalle pitture rupestri delle chiese di Matera.
Continuiamo a camminare lungo la via della Gravina. La Civita a sinistra, il burrone a destra. La strada sale. Il telefono di Davide squilla, lui non risponde.
– Questa è una città che ispira cultura, – dice con il fiato corto, – spero che nel 2019 non la imbottiscano di eventi.

Arriviamo al Monastero di Sant’Agostino e ci inoltriamo nel Sasso Barisano. Alcuni turisti scattano fotografie mimetizzati nel tufo. Immagino quando saranno migliaia, richiamati dal grande avvenimento. Penso agli equilibri fragili della città. Matera è il frutto di una continua relazione tra gli esseri umani e l’ambiente; un dialogo iniziato nel Neolitico e mai interrotto. In superficie si sviluppa un dedalo di costruzioni da cui emergono stratificazioni latine, longobarde, normanne, rinascimentali e barocche. Un mondo di bellezza che conserva i profumi del tempo, le stagioni della vita. Un volto che si sovrappone all’anima sotterranea della città segreta, magica e misteriosa.

– Ci siamo, – dico a Davide, giungendo nello slargo di via San Pietro Barisano. Antonio, il protagonista della puntata, ci viene incontro. È il direttore di Casa Cava, un edificio che in qualche misura può essere considerato un simbolo della città, una metafora della sua storia.
La vicenda di Casa Cava merita di essere raccontata, perché è un esempio di come le istituzioni pubbliche e le associazioni private possano lavorare insieme e realizzare opere di valore. Recuperare sassi dal passato e gettarli nello stagno del futuro. Perché smuovano le acque e producano cerchi ampi.

– Ciao Davide, benvenuto a Casa Cava.
– Ciao, Antonio. Dimmi, perché si chiama Casa Cava?
– Be’, perché in origine era una casa e una cava.
Antonio ci guida nell’ingresso di quella che sembra un’abitazione. C’è un tavolo, con un computer e un disegno architettonico appeso alla parete. Antonio si avvicina al progetto e inizia il racconto. Ci mostra la struttura allungata della grotta. Siamo all’estremità del Sasso Barisano che guarda verso l’orizzonte della Murgia; seguiamo il dito di Antonio che entra nelle viscere della terra verso il fondo della cavità.
– Questa era l’abitazione, usata probabilmente da alcune famiglie, – dice mostrando la parte iniziale del tunnel.

Il suo dito prosegue e si perde in una zona scura, alta e profonda: qualcosa di unico nel mondo dei Sassi.
– Questa invece era una cava di tufo, usata per un paio di secoli per costruire la città esterna, diciamo dalla fine del Quattrocento.
– E poi? – chiede Davide.
– Poi la cava è stata dismessa ed è diventata una discarica; successivamente anche la casa è stata abbandonata.
– Fino agli anni ottanta del Novecento?
– Esatto. Fino a quando un tecnico del comune, facendo un’ispezione nella grotta, ha trovato anomala la struttura poco profonda del sito, come se mancasse qualcosa…
– Non capisco, – dico io. Davide attende le parole di Antonio; segno che anche a lui sfugge qualcosa.
– Dunque, – spiega il direttore di Casa Cava, – immaginate che tra il XV e il XVI secolo, nella città nuova si scavi dall’alto un pozzo per estrarre il tufo che serve alla costruzione dei palazzi. In basso, nel Sasso Barisano, altri scavano in orizzontale una grotta e la abitano. Quando la cava viene dismessa, gli uomini della grotta rompono un’ultima barriera di tufo, e invece di trovare un ambiente abitabile scoprono questo immenso spazio verticale. Non gli serve, tornano indietro e richiudono la parete.

Negli anni Ottanta, dopo l’abbandono dei Sassi, un geometra del comune entrò nella grotta per effettuare dei rilievi e si domandò come mai questa casa fosse più corta delle altre; notò anche un muro in fondo all’abitazione e decise di scoprire cosa nascondesse.
Così, la casa e la cava sono diventate Casa Cava. Il progetto di riqualificazione è degli anni Novanta e nasce dal lavoro congiunto delle istituzioni e dei privati. Nella zona della cava, adesso è stato ricavato un auditorium con un’acustica perfetta.

Casa Cava è un centro per l’arte, la cultura e la creatività giovanile, sede permanente di convegni, laboratori, performance artistiche e concerti. Un luogo del passato che si apre al futuro.
– Avete fatto un lavoro fantastico, – esclama Davide camminando tra le stanze recuperate e raggiungendo l’auditorium, dove un gruppo musicale sta provando un brano popolare lucano rielaborato su armonie jazz. Poi, a bassa voce, quasi a se stesso, aggiunge:
– Mi raccomando, non affogate la città negli eventi. Rispettate i suoi spazi e i suoi tempi…
So a cosa sta pensando. Matera è un luogo unico al mondo, capace di ispirare e produrre arte. Proprio ciò che si chiede a una Capitale Europea della Cultura: generare bellezza, non solo ospitare eventi.
Al termine delle riprese usciamo da Casa Cava e ripercorriamo in senso inverso la strada che costeggia la Gravina. Restiamo in silenzio, mentre il giorno declina lentamente. I nostri passi sono rapidi, ma senza fretta. C’è un po’ di freddo che si distende sulla Murgia. È tempo di rincasare, in grotta.

Venite a Matera, la città dei Sassi, Capitale Europea della Cultura; ma non come turisti – mi raccomando – come ospiti!

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