23 dicembre 2014 - In punta di coltello.

Oggi siamo in Umbria. Il paese è Norcia, il paesaggio quello del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Le coordinate geografiche sono 42°47’ Nord e 13°5’ Est.
Il viaggio comincia a Milano, nel primo pomeriggio. Troppo tardi: la luce ci accompagna fino a Bologna, poi il sole tramonta quando siamo nei pressi di Cesena. Inizia lo spettacolo, ma è buio pesto.

L’Appennino dell’Italia centrale è proprio uno spettacolo, anche illuminato dai fari di una macchina. Davide e io ci lasciamo avvolgere dall’atmosfera mistica dei luoghi e da qualche ricordo personale.
Iniziamo a Sansepolcro, dove nel 1827 Giovanni Buitoni rilevò una panetteria e diede vita a quella che sarebbe diventata una delle più grandi aziende alimentari italiane. Ho scritto un libro sulla famiglia Buitoni e sono molto legato a questa storia: quasi due secoli di vita e cinque generazioni di imprenditori, alcuni dei quali geni assoluti.

Poi Città di Castello, la terra di Burri, un artista che entrambi amiamo e che indirettamente abbiamo avuto modo di avvicinare. Conosciamo bene Antonio Sapone, che negli anni ottanta è stato il grande gallerista di Burri; qualche anno fa, inoltre, dovevamo realizzare uno spettacolo a Gibellina. Non se ne fece niente, ma conserviamo il ricordo del sopralluogo sul cretto, camminando tra le vie della città distrutta, come un momento prezioso, di rara intensità.

Guidiamo piano, lasciando che i pensieri affiorino dalla notte, illuminati dai fari come fossero dei passanti. Un’altra manciata di chilometri e siamo a Perugia, dove nel 1906 i Buitoni fondarono la Perugina. Dalla pasta ai cioccolatini, da Sansepolcro a Perugia: il pendolo della famiglia oscillava tra questi due poli, geografici e alimentari. Tornano alla mente frammenti del libro, dettagli di fotografie, le vicende di una famiglia, di un luogo, di un paese.

Continuiamo a guidare e i pensieri diventano sempre più lievi, sollevati dalla mano forte dei santi. Assisi è a pochi passi da Perugia. Scorre alla nostra sinistra illuminata a festa. Sarà che è quasi Natale, sarà che la notte è limpida, ma le luci della basilica l’avvicinano tanto che ci pare di toccarla. 
Poi la grande curva di Spoleto
 e dall’alto si avverte la presenza di santa Rita. Il borgo di Cascia non si vede, ma è lassù, tra i monti immersi nella notte. Ci siamo quasi, san Benedetto è ormai davanti a noi.

A Norcia, nel monastero benedettino, i monaci producono una birra speciale secondo le antiche tradizioni monastiche. Avremmo voluto dedicare una puntata di Paesi, paesaggi a questo prodotto e alla sua comunità. Un’altra volta, magari. Bisognerà prima convincere i padri a infrangere la regola…

L’indomani mattina, tutto ciò che avevamo immaginato diventa reale. Saliamo all’alba sui monti Sibillini e filmiamo luoghi affascinanti, resi ancora più suggestivi dalla luce viva del sole e dalla nebbia che si stende a mezz’altezza, come una coperta. In questi boschi da romitaggio, in queste rocce da penitenza, la natura esplode quasi rabbiosa. San Francesco parlava con gli animali, dice la tradizione. Qui era possibile.

Lasciamo la piana di Castelluccio, attraversata dal galoppo di cavalli selvaggi e torniamo a Norcia, dove ci aspetta Vittorio, il protagonista della puntata.
Vittorio è un grande norcino, che ha imparato dal nonno l’arte della lavorazione del suino quando era bambino, poi l’ha trasferita ai figli e oggi la tradizione di famiglia continua.

Il laboratorio artigianale di qualche anno fa è diventato una struttura più grande, dove però è rimasta intatta la manualità delle lavorazioni, dalla scelta delle materie prime alla vendita diretta nel negozio, a contatto con la clientela. Da Vittorio è come essere in un buon ristorante, dove la cucina invece di rimanere nascosta viene messa in evidenza. Il punto vendita è un trionfo di salumi: addirittura impossibile trovare un centimetro quadrato senza prosciutti, salsicce, salami, capocolli e mille altre specialità. Dietro il banco, un grande vetro e il laboratorio: uno spazio bianco con un tavolo da lavoro al centro. È qui che le carni arrivano fresche tutti i giorni da allevamenti selezionati e vengono tagliate, tritate, insaporite, insaccate e infine stagionate. Niente additivi, niente coloranti, niente addensanti: solo pepe, sale e aromi naturali.

Tutte le lavorazioni sono in punta di coltello. Davide indossa la parannanza e attraversa il laboratorio con passo deciso. Si posiziona accanto a Vittorio mentre il figlio, di fronte a lui, affila i coltelli. Basta il gesto davanti alla telecamera per dare il senso del suo lavoro. L’abilità della mano nell’eseguire un movimento che ripete ogni giorno: decine, centinaia, migliaia di volte.

La storia della norcineria è molto antica e ha poco a che fare con il suino e la lavorazione delle sue carni. Inizia nell’Alto Medioevo, quando gli uomini di Norcia svilupparono particolari abilità nell’uso del coltello e di lame affilate come bisturi. Diventarono così dei chirurghi ambulanti: cavadenti, macellatori e castratori. Nel territorio di Norcia non c’erano grandi allevamenti di suini; in genere le famiglie di campagna possedevano un capo che macellavano a gennaio. Naturalmente i norcini lavoravano le carni dei loro maiali con grande abilità, affinando gli insaccati in un territorio ideale, per via del clima rigido invernale e della bassa umidità garantita dalla cinta montuosa che racchiude la valle come fosse il cratere di un vulcano spento.

È solo nel Rinascimento, presso le Signorie, che il consumo di insaccati di maiale diventò una vera e propria moda. Aumentò la domanda e i norcini iniziarono a lavorare per le cucine di corte.
Nacque così la tradizione delle migrazioni stagionali, che per secoli ha portato i norcini e i loro coltelli a lavorare a Roma, Livorno, Pisa, Firenze. Anche Vittorio ha fatto tante “stagioni” fuori dalle mura di san Benedetto, e come lui molti norcini della sua età.

Nel pomeriggio andiamo in uno dei rari allevamenti di suini del territorio di Norcia, soprattutto oggi che i monti della Sibilla sono diventati Parco Nazionale. Registriamo alcune scene con Davide e la sua sedia. Il luogo è selvaggio e incontaminato, gli animali vivono allo stato brado e sono liberi di muoversi e nutrirsi con ciò che trovano nel bosco. Trecento capi abitano poco più di quattrocento ettari di montagna: una densità ottimale. Davide recita circondato da piccoli gruppi di maiali incuriositi. Usiamo del mangime da conigli per cercare di attirarli, ma loro non se ne interessano: nemmeno sanno cosa sia il mangime!

Torniamo da Vittorio e accade qualcosa di singolare. In un angolo del negozio c’è una televisione accesa.
Sta trasmettendo La terra vista dall’alto, di Yann Arthus-Bertrand. Sul video scorrono le immagini di un allevamento intensivo di maiali: sono scene aberranti, impossibili da commentare, con animali ingabbiati che vivono letteralmente l’uno sull’altro. Ai cuccioli vengono tagliati i denti e la coda subito dopo la nascita, per evitare che possano mordersi e mangiarsi.
Yann Arthus-Bertrand è un eccellente documentarista francese, autore di Home, imperdibile film sull’ambiente prodotto nel 2009 da Luc Besson. A chiunque abbia 95’ di tempo, suggerisco di andare su You Tube, digitare Home e mettersi comodo. Avrà da lustrarsi gli occhi.

Spegniamo la televisione e scendiamo in cantina, per completare le riprese con la stagionatura dei salumi. Anche questa è l’arte della norcineria: saper leggere il tempo e regolare con sapienza l’aria, la temperatura, l’umidità e la luce. Anche un gesto semplice come aprire o chiudere una finestra, può essere decisivo per fare un buon salume.

L’ultima scena è proprio quella della finestra, quando è di nuovo buio. Allora riprendo la macchina, la parcheggio davanti alla cantina e accendo i fari che mi avevano portato qui. Creano un effetto di luce che dall’interno pare molto bello. A Norcia, anche la luce di una macchina può assomigliare a quella del sole…
Bene, ora è tempo di andare, ci aspettano altri paesi e altri paesaggi. Venite a Norcia, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini; ma non come turisti – mi raccomando – come ospiti!

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