26 maggio 2015 - Il signore dei boschi.

Oggi siamo in Valle d’Aosta. Il paese è Donnas, il paesaggio quello della bassa valle. Le coordinate geografiche sono 45°36’ Nord e 7°46’ Est.

Posizioniamo la telecamera sul prato a lato della strada che costeggia la Dora Baltea. Il fiume scorre energico verso sud, noi invece guardiamo a nord. L’obiettivo mette a fuoco l’arco della via romana delle Gallie, uno dei punti più caratteristici di Donnas.

Davide compare con la sedia in spalla e avanza verso di noi con il passo deciso del camminatore incallito. La grande via consolare che collegava Roma ad Aosta è scavata nella roccia viva; il selciato levigato dal tempo, dall’acqua e dal vento, modellato dal passaggio continuo di piedi, zoccoli e carri. Inciampare e cadere non sembra difficile. Davide però si mostra sicuro di sé e saltella agile verso il paese che inizia subito dopo la cappella di Sant’Orso. L’edificio di culto, costruito probabilmente dopo l’alluvione del 1176 per ingraziarsi la protezione divina contro le frequenti inondazioni del fiume, fu eretto nel punto dove la Dora bagna i muri delle prime abitazioni. Le case del borgo sono disposte ai lati della via e si susseguono fino al termine del paese, divise a coppie come in una quadriglia: dame e cavalieri che si osservano tenendosi a distanza.

L’origine medievale degli edifici è ben riconoscibile nei fregi sbalzati sulla pietra e nelle finestre a forma di scudo sannitico rovesciato. Seguiamo Davide catturati dai molti scorci suggestivi: angoli bui che improvvisamente si aprono alla luce del fiume, scale ripide e portali in legno con le teste dei chiodi che disegnano geometrici intarsi. Qui in Valle d’Aosta la pronuncia dei nomi è sempre un po’ difficile; per non fare brutte figure occorre abbandonare i ricordi di scuola e accostarsi con umiltà e curiosità a questa lingua di frontiera, misto di patois, francese e italico. Il nome Donnas, ad esempio, vuole la s alla fine mentre l’accento oscilla tra la seconda e la penultima lettera, a seconda dei momenti, delle persone e dei luoghi. Con ogni probabilità il termine deriva dal toponimo di un fondo rurale, noi però ci lasciamo conquistare dall’ipotesi che nasca da donnasc, il nome della castagna locale.

Oggi, siamo venuti qui a Donnas proprio per rendere omaggio al castagnoil signore dei boschi. La telecamera inquadra il grosso tronco di un vecchio castagno e Davide compare con in mano un riccio. Si appoggia alla corteccia rugosa e con molto rispetto spiega che il castagno è un albero generoso, che ha tenuto in vita generazioni di comunità montane. Il bosco dove abbiamo deciso di effettuare le riprese si trova a picco sopra il forte di Bard, poco distante dal punto dove nei mesi scorsi hanno girato il volo di Iron Man nel secondo film della saga The Avengers. Anche questa è la moderna Valle d’Aosta, una regione capace di fare da sfondo agli eroi della Marvel e ospitare le troupe della Disney, conservando però vivo il ricordo di legionari romani, cavalieri medievali e truppe napoleoniche.

Mi allontano dal castagno di Davide e mi avvicino allo strapiombo. Il punto preciso è segnato da una piccola stele di pietra. Il forte di Bard è un puntino laggiù, perso nella conca dove la Dora accoglie l’Ayasse. Risalgo il fiume con lo sguardo, lungo la valle di Champorcher, poi torno sui miei passi, facendo attenzione a calpestare la stessa erba dell’andata per non rovinare il prato. Quando rientro nel bosco, mi avvicino a Ezio, il protagonista della puntata. Mi racconta che del castagno si usava tutto: con la legna si facevano porte e infissi per le casedoghe per le botti e pali di sostegno per le viti, le foglie diventavano lettiere per gli animali, i frutti si raccoglievano e si mangiavano subito bolliti, oppure si mettevano a seccare e si macinavano per farne farina con cui preparare pane e dolci e biscotti. Un’intera filiera di produzione ha legato per secoli le comunità di montagna al castagno.

Ezio e suo fratello Silvio producono eccellenti prodotti da forno della tradizione valdostana – molti dei quali proprio a base di castagne – da quando hanno ereditato dai genitori un campo da coltivare e un forno in pietra. Non avevano una tradizione di famiglia da proseguire, ma una cultura diffusa nella valle da raccogliere e portare oltre i confini della propria terra. Hanno iniziato coltivando a rotazione il loro campo con segale, mais e frumento, poi hanno aggiunto l’uva, le castagne e hanno recuperato tante ricette semplici e genuine da sperimentare nel forno in pietra. Il campo di cereali oggi è rigoglioso. Mentre la voce di Davide racconta gli inizi dell’attività, Ezio si fa largo tra le spighe alte quasi quanto lui. Sono tinteggiate di un bel verde reso brillante dalla luce di taglio del mattino e dalle piogge dei giorni scorsi. Nel frattempo si è alzato il vento e le spighe ondeggiano come onde nel mare. A lato della strada in terra battuta c’è un muretto che trattiene un cumulo di pietre. Saliamo sui massi e dall’alto inquadriamo il campo di Ezio e della sua famiglia: sembra veramente un mare verde smeraldo, e lui un naufrago che accarezza le onde.
Sorride; evidentemente gli è dolce naufragare in questo mare…

Oggi Ezio e Silvio producono le loro specialità in un moderno laboratorio artigianale, dotato di un efficiente forno elettrico, ma per la televisione torniamo alle origini e ci dirigiamo verso un piccolo gruppo di case addossate al bosco, dove il vecchio forno di famiglia resiste tra tetti in pietra sconnessi e pareti strattonate dai tronchi di fico e dall’edera. Non c’è acqua corrente e anche l’elettrica è scarsa. L’interno è in penombra e non possiamo illuminarlo. Meglio così, le immagini saranno più calde e intime, con le braci del forno in primo piano. Silvio impasta i biscotti fatti con burro locale, un po’ di zucchero, uova di casa e farina di castagne. Poi prepara un tipico pane integrale della bassa valle, con noci, castagne e uvette. Un pane capace di rimanere fragrante per oltre due settimane, ma che un tempo si faceva seccare ed era buono tutto l’anno.

Silvio ha acceso il forno all’alba, molto prima del nostro arrivo, per portarlo in temperatura. Prima di infornare rimuove le braci, in modo da cuocere il pane e i biscotti a lungo, quasi a vapore, mentre la temperatura gradualmente si abbassa. Silvio lavora, Massimo – il nostro regista – lo filma e noi restiamo fuori, distesi al sole, a chiacchierare sul prato e mangiucchiare castagne e uvette. Intanto, dalla finestrella del forno esce un profumo di pane che le narici catturano e mandano subito in circolo; una lieve gioia interiore si diffonde e raggiunge zone profonde del corpo e della mente. Alle volte, basta davvero poco per avere tutto.

Al termine della cottura, quando il pane e i biscotti sono pronti, posizioniamo la telecamera in modo da riprendere il cielo di sfondo e il bosco più in basso, poi le case, il prato al centro e il forno di lato.
– Tutti fuori, siete in campo! – ordina Massimo.
Poi esclama: «Azione!» e dalla casetta con il forno escono Silvio, Ezio, la moglie Monica, i figli Didier ed Emil. Reggono grandi vassoi con le specialità di giornata, ancora calde e fragranti. Vien voglia di rubare qualcosa, ma dobbiamo restare immobili e nascosti, schiacciati come lucertole alle pietre dei muri per non entrare in campo. Vediamo Ezio e i suoi famigliari sfilare davanti alla telecamera e uscire dal borgo, sparire nel bosco e incamminarsi verso casa, giù a Donnas. Ci aspetta l’ultima scena: la degustazione. Sul tavolo disponiamo con cura i prodotti, all’interno di piccoli vassoi in legno fatti a mano da Emil. Sapori antichi e genuini: pane, biscotti e tante specialità da forno che seguono i ritmi della natura e racchiudono il gusto della montagna.
– Anche questa è l’Italia della qualità – esclama Davide – l’Italia da difendere.
Il forte di Bard, laggiù, fa buona guardia…

Bene, ora è tempo di andare, ci aspettano altri paesi e altri paesaggi.

Venite in Valle d’Aosta, a Donnas; ma non come turisti – mi raccomando – come ospiti!

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