19 luglio 2012 - La Siria che non c’è: postcards from the edge.

Anche oggi in Siria si spara. Il paese è in guerra, con se stesso innanzitutto. Una guerra civile – forse di liberazione – scatenata dalla violenza del regime e da quarant’anni di dittatura.

Quindici anni fa, nel mese di luglio del 1997, ero in Siria. Non era un paese libero, ma potevo visitarlo e cercare di capirlo. L’anno scorso ho scritto un racconto sul caffè intitolato “L’aroma delle note” e l’ho ambientato nella città di Aleppo che ricordavo. Il racconto è stato pubblicato ed è diventato anche un concerto e uno spettacolo teatrale. Ha portato in scena una Siria che non c’è.

Di quel viaggio ho ritrovato alcune immagini (diapositive, perché le macchine digitali non c’erano) e alcuni fogli di appunti. Li ho riletti e mi sono sembrati come cartoline da un mondo lontano: postcards from the edge.

Voglio pubblicarle così com’erano, senza cambiare niente, per ricordare la Siria che non c’è.

Le immagini invece sono di Giovanni Camici che ringrazio per l’aiuto e la disponibilità. Le mie diapositive – difficili da scannerizzare – restano nei loro raccoglitori. Le guardo in controluce, puntandole verso il cielo.
Altre cartoline da un tempo lontano.

città di Damasco (foto di Giovanni Camici)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Damasco – sabato 12.07.1997

Oggi ho visto molte cose, alcune interessanti, altre utili. Tra le cose utili metto senz’altro il fatto di aver imparato i numeri indiani che usano gli arabi; sì, perché quelli arabi li usiamo già noi. Non sono diventato Fibonacci, ma almeno quando voglio comprare qualcosa nel suk so quanto devo spendere e non mi fregano più.

evoluzione dei numeri.

 

 

 

 

 

 

 

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Tra le cose interessanti segnalo invece la grande moschea degli Omayyadi. Non starò a dire quanto sia bella e ricca e affascinante; dirò piuttosto della gente e dell’aria di festa che si respirava all’interno durante la funzione. Un’orda di bambini scorrazzava in mezzo ai corpi raggomitolati dei fedeli. Li guardavo sgusciare tra gli adulti e talvolta incespicare nei piedi o nelle mani di qualcuno, oppure nelle pieghe dei tappeti stesi a terra. Qualcuno di loro, tanto per prendere fiato e fare qualcosa di diverso, smetteva di correre e s’inginocchiava a terra, ribaltandosi a testa in giù nel tentativo di imitare i genitori. Solo che davano tutti la schiena al profeta, e quando abbassavano la testa gli alzano il sedere in faccia.

moschea del Omayyadi (foto di Giovanni Camici)

interno della moschea (foto di Giovanni Camici)

 

 

 

 

 

 

 

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Dirò anche del suk, e di come tutti, ma proprio tutti qui a Damasco, abbiano sempre qualcosa da fare. In Siria la metà della popolazione è disoccupata, però non si vede perché nei mille (e uno) negozi del bazar sono tutti indaffarati a muovere qualcosa. Magari solo aria.

suk di Damasco (foto di Giovanni Camici)

 

 

 

 

 

 

 

 


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