30 luglio 2012 - La Siria che non c’è – 5 –

L’attacco dell’esercito siriano alla città di Aleppo si è puntualmente verificato, in tutta la violenza temuta. Due giorni di guerra, centinaia di morti, migliaia di civili in fuga. Quindici anni fa passeggiavo per le vie di quella città e annotavo le mie impressioni. L’ultima pagina del taccuino di viaggio del 1997 è dedicata ad Aleppo.

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Aleppo – mercoledì 15.07.1997

Oggi giornata di suk, di Cittadella, di cibo buono e di hammam.
Abbiamo trascorso una buona notte di riposo nel celebre Hotel Baron, monumentale e dimesso al tempo stesso. Uno di quei luoghi con l’aroma intenso della storia, delle cose che sopravvivono a se stesse e al loro passato. L’interno è prezioso, ma sconnesso. Dietro al banco sono appese le foto di Lawrence d’Arabia e Agatha Christie. Accanto a loro le immagini di tanti diplomatici e avventurieri che non conosciamo.

Al mattino, cambiamo del denaro e ci addentriamo nel suk di Aleppo, il grande mercato coperto che vive all’interno di un guscio fatto di pietre lavorate con rara maestria. E’ un’immensa tana, come un formicaio umano. I negozi hanno le volte in mattoni, le colonne d’ingresso decorate con bassorilievi di pregio. Se al suk di Damasco togli i clienti e le merci non rimane più niente; qui ad Aleppo, invece, restano i muri che contengono infinite storie.

Il mercato coperto è un ammasso di persone ma anche di animali, soprattutto asini. Nel suk di Aleppo gli asini possono trascorrere un’intera esistenza: nascere e morire in questo dedalo di vie, segnando il tempo della vita con il battere e il levare dei loro zoccoli.

asino nel suk di Aleppo

venditore nel suk di Aleppo (foto Giovanni di Camici)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Superiamo montagne di saponi di Aleppo ben disposti sulle bancarelle ed entriamo nel negozio di un venditore di tappeti. E’ un amico. Passiamo il tempo a bere del tè e giocare a backgammon; sembra che vendere tappeti sia la sua ultima preoccupazione. Poi passiamo dal profumiere. In realtà è un falsario, un artista degli odori. I sapori dei banchi di spezie si mischiano ai profumi di questi surrogati di Opium e Chanel n°5. Essenze comunque da Mille e una notte.

E dopo il mercato, l’hammam. Cioè: dopo la carne, lo spirito. Siamo sempre nel suk, perché l’hammam al-Nahasin è dentro il mercato. Un ingresso quasi nascosto, con una piccola insegna e una porta in legno. Chiniamo la testa, scendiamo i gradini e di colpo ci troviamo immersi in un silenzio fresco, irreale. Immagino Bjork, la sua voce, che canta lenta graffiando i vapori dell’acqua.

Hammam al-Nahasin (foto di Giovanni Camici)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’esperienza dell’hammam va bevuta a piccoli sorsi: alcuni sanno di paradiso, altri mettono inquietudine, come se rimuovessero fantasmi nascosti. Mi viene in mente “Creatura di sabbia”: la storia della ragazza obbligata a diventare maschio e a frequentare l’hammam. Un’adolescenza giocata sempre in trasferta, da soli e in campo nemico. Partite perse…


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